Bloc-notes

"PROPRIO SICUT DIXIT, SAN NICOLA"

 

 

di Carmelo Cordiani

 La grande chiesa di San Michele a Figino Serenza, alle 10,45 domenica di Pasqua, era zeppa di fedeli. Oltre 50 ragazzi, gli altri adulti, me compreso. Entrando, mi colpirono i ragazzi con un rametto d'ulivo in mano. "Mah!", mi sono detto. "Forse il rito ambrosiano prevede che, anche giorno di Pasqua, si conservi il simbolo della pace, l'ulivo. E, perché gli adulti niente?" E andavo in giro con gli occhi per vedere se, su qualche tavolino, all'entrata, si distribuivano i rametti. Poi ho capito, quando, dopo le lettura, l'organo (finalmente uno strumento degno delle cerimonie religiose!) ha intonato "Alleluja, Alleluja, Alleluja...I ragazzi  hanno agitato i rametti, sollevandoli in alto e facendo squillare i campanelli legati. Luce, suono, canti, cuori pieni di bontà e di tenerezza, come ha detto Papa Francesco: Questa la Pasqua del Signore.

 

"Per fortuna che sei risorto", mi venne da dire guardando la porticina lontana del tabernacolo.  

 

"Perché? Avevi qualche dubbio? Proprio sicut dixit, come più volte aveva annunciato in  vita. Ricordi? Distruggete questo tempio ed io in tre giorni lo riedificherò."

 

Era la voce inconfondibile di San Nicola che, come al solito, quando si accorge che sto parlando con Gesù, si intromette.

 

"Caro Santo patrono di Galatro, io non ho mai messo in dubbio la parola di Gesù. Dimentichi che, anche  Paolo di Tarso disse: Se Cristo non fosse risorto, vana sarebbe la nostra fede."

 

"E allora?

 

"Allora devo aggiungere che anche gli Apostoli avevano paura di farsi vedere finché non sono stati corroborati dallo Spirito Santo. E Tu non ammetti che qualche dubbio affiori anche a noi mortali, pensando alla resurrezione di Gesù? Era proprio necessario che morisse in croce? Non poteva fare tutto in modo incruento, senza flagellazione, senza sputi, senza crocifissione, senza scherni? Cosa sarebbe cambiato, visti i risultati?"

 

"Vai piano. Per la nostra salvezza, Cristo umiliò se stesso fino alla morte, e alla morte di croce. Più che la sua parola, ci ha redento il suo sangue. Il suo sacrificio richiede, da parte vostra, una grande fede. Credere in Gesù, Figlio di Dio, unigenito, morto, sepolto e risuscitato il terzo giorno. Poche parole, molta fede."

 

Intanto era iniziata la Santa Messa, con un Kyrie Eleison, come nel vecchio rito. La gente rispose all'unisono, restando attenta al sacerdote che introduceva al mistero dell'incarnazione, morte e resurrezione di Gesù. Ognuno al suo posto, composto, senza distrazioni, nella grande chiesa di San Michele che profumava di incenso. Due cori: Uno di voci miste situato in cantoria, l'altro di voci bianche vicino all'altare. Canti ispirati alla nuova vita della risurrezione, alla speranza, alla gioia di sentirsi cristiani e di camminare accanto ad un grande amico:  Gesù.

 

Guardando il Tabernacolo ritornai ragazzo, nel mio spazio, accanto alle statue di San Nicola, di San Rocco, dell'Immacolata...Di fronte il monumentale trittico, con la Madonna della Valle al centro...e al chiasso indiavolato nella notte delle "tenebre", per simulare il terremoto seguito alla morte di Gesù. E agli schiaffi del parroco di allora, allergico ai rumori.

 

"Gesù mio, quanto tempo è passato e quante cose sono cambiate! Solo Tu sei lo stesso, con il volto sorridente, con le braccia aperte, pronto a perdonare, a riempire i cuori di speranza. Non mettiamo in dubbio la tua parola, ma, con tutti i guai che ci piombano addosso, ogni tanto affiora la nostra fragilità. D'altra parte Tu non vuoi una fede cieca, ma preferisci un cuore che si apra a Te con tanta fiducia. Non ti va di essere creduto per principio, ma essere conquistato come irrinunciabile, come diceva quell' anima eletta: Il mio cuore è inquieto finché non riposa in Te Signore."

 

Mi ha riportato nell'assemblea il canto del Santo. Tutti in piedi, in attesa che, sull'altare si ripetesse il miracolo della transustansazione del pane e del vino in corpo e sangue di Gesù. Un momento di assoluto silenzio, la maggior parte in ginocchio, profondamente inchinati per vivere dentro il mistero dell'amore. Quello stesso mistero che, al Padre Nostro, ci trovò legati, mano per mano, per essere una cosa sola, come vuole Gesù.

 

Uscendo al termine della Santa Messa, mi presero per mano i miei due nipotini, Tommaso e Vittorio: Tre ragazzi con il cuore aperto alla speranza della risurrezione.

 

 

 

Cordiani Carmelo: «PROPRIO SICUT DIXIT, SAN NICOLA.  La grande chiesa di San Michele a Figino Serenza, alle 10,45 domenica di Pasqua, era zeppa di fedeli. Oltre 50 ragazzi, gli altri adulti, me compreso. Entrando, mi colpirono i ragazzi con un rametto d'ulivo in mano. "Mah!", mi sono detto. "Forse il rito ambrosiano prevede che, anche giorno di Pasqua, si conservi il simbolo della pace, l'ulivo. E, perché gli adulti niente?" E andavo in giro con gli occhi per vedere se, su qualche tavolino, all'entrata, si distribuivano i rametti. Poi ho capito, quando, dopo le lettura, l'organo (finalmente uno strumento degno delle cerimonie religiose!) ha intonato "Alleluja, Alleluja, Alleluja...I ragazzi  hanno agitato i rametti, sollevandoli in alto e facendo squillare i campanelli legati. Luce, suono, canti, cuori pieni di bontà e di tenerezza, come ha detto Papa Francesco: Questa la Pasqua del Signore.», Figino Serenza (CO),  Martedì 2 Aprile 2013

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