Bloc-notes

"FINO A QUANDO, SAN NICOLA?"

 

Quale sono le aspettative di vita? Niente noie, sofferenze, malattie, fastidi … Si vorrebbero giornate di sole, non troppo forte. Ed al minimo disturbo ci si lamenta: Dio si è dimenticato di noi, ci ha abbandonato. Perché permette tanto male? Perché non ferma la mano di chi scaraventa un innocente di quindici mesi in un fiume? Ha salvato Mosè dalle acque e non poteva salvare quella creatura? O ha delle preferenze? E che Dio è?

 

 

di Carmelo Cordiani

 

A pensarci bene, Giobbe aveva tutte le ragioni per rivolgersi al Padre Eterno come Cicerone a Catilina: “Quousque tandem abutere patientia …mea!”.

 

 Nella prima lettura di domenica scorsa proprio Giobbe scrive: “Come lo schiavo sospira l’ombra e come il mercenario aspetta il suo salario, così a me sono toccati mesi di illusione e notti di affanno mi sono state assegnate”.(Gb. 7, 2-3). Ma già il primo libro è una litania di sventure. Vi si riferisce che i Sabei predarono i buoi che stavano arando e passarono a fil di spada i guardiani; che il fuoco di Dio caduto dal cielo bruciò le pecore e i guardiani; che i Caldei, divisi in tre gruppi, si precipitarono sui cammelli, li presero e passarono a fil di spada i guardiani e che, dulcis in fundo, i suoi figli e le sue figlie ( di Giobbe), mentre stavano ancora mangiando e bevendo vino nella casa del loro fratello maggiore, sono morti sotto le macerie della casa spazzata via da un vento impetuoso. (Gb. 1,13 e sgg).

 

La pazienza di Giobbe è proverbiale. Ne ha avuto fin sulla cima dei capelli (la Bibbia non dice se era calvo!). Colpito da un’ulcera maligna dalla pianta dei piedi fino in cima al capo arriva al punto di maledire il giorno il cui è nato. Ma non molla, anzi alla moglie che lo spingeva a maledire Dio, risponde: “Parli come un’insensata. Se da Dio accettiamo il bene, perché non dovremmo accettare anche il male?” (Gb. 2, 9-10).

 

“Roba del Vecchio Testamento”, mi venne in testa mentre mi genuflettevo davanti al tabernacolo, prima delle solite chiacchiere con San Nicola. “Tu, mio Gesù, hai cambiato un po’ la situazione”.

 

“E dove l’hai letto?”

 

Come al solito, San Nicola mi ha anticipato e non ha aspettato nemmeno che gli recitassi la giaculatoria. E mi lamentai un pochino. Non l’avessi mai fatto.

 

“La giaculatoria? La so a memoria. Da quando hai preso l’abitudine di frequentarmi, non hai sostituito una sillaba”.

 

“E cosa dovrei cambiare? Nostro Santo Protettore? San Nicola taumaturgo? Tu che conosci le nostre pene, aiutaci? Dimmi cosa devo dirti d’ora in poi”.

 

“Proprio niente. Siediti e fai silenzio.”

 

“Ma io vengo per scambiare due parole, per parlarti e tu mi dici di fare silenzio?  Se ti sei stancato di vedermi dimmelo. Busserò a qualche altra porta”.

 

Ho notato sul volto del santo una certa espressione che, per me, voleva dire: “Provaci e vedrai cosa ti combino”. Facendo finta di niente gli rivolsi:

 

“Perché non mi parli di Giobbe, un personaggio, per noi, incomprensibile, anzi assurdo?”

 

“Addirittura assurdo…Eh già! Per voi è assurdo tutto ciò che non è conforme alle vostre aspettative di vita. Niente noie, via le sofferenze, le malattie, i fastidi…Vorreste tutte le giornate di sole, non troppo forte, però. Al minimo disturbo ve la prendete con Dio: Dio si è dimenticato di noi, ci ha abbandonato come un tempo ha fatto con gli ebrei nel deserto. Se c’è Dio perché permette tanto male? Perché non ferma la mano di chi scaraventa un innocente di quindici mesi in un fiume? Ha salvato Mosè dalle acque e non poteva salvare quella creatura? O ha delle preferenze? E che Dio è?”

 

“Hai detto tutto tu. Si vede che segui le vicende della nostra società”.

 

“Ma che bella società avete costruito! E parlate di progresso. Se riflettete sulla crisi che state attraversando e fate un confronto con ciò che chiamate progresso, vi rendete conto che avete fatto i passi del gambero. State retrocedendo paurosamente e, come ha accennato anche il Papa, avete imboccato la strada del non ritorno. Capisci? Non ritorno vuol dire che state accelerando la distruzione del capolavoro di Dio, cioè voi stessi. Vale la pena riempirsi le tasche di soldi e privarsi della tranquillità? Ripetutamente Gesù ha detto di non accumulare ricchezze perché vi fanno perdere la testa, vi mettono uno contro l’altro, creano steccati tra voi, dividono la società in ceti, disgregano famiglie. Sufficit diei malitia sua, dicevano i saggi latini. E questa massima va d’accordo con il Vangelo”.

 

“Tutto quello che dici è perfetto, ma non ha, scusami, a che fare con la pazienza”.

 

“Allora non ti è chiaro il significato di pazienza. Patiens deriva da patior che vuol dire soffrire, sopportare, tollerare, resistere. E siccome la sofferenza fa parte della vostra quotidianità, essere pazienti significa saper soffrire. Delle due una: O nella sofferenza vi disperate, oppure dovete abituarvi a convivere con tanta fiducia in Dio. Per alcuni c’è un’altra apparente via di fuga che consiste nello sballo che non fa altro che appesantire la sofferenza. Dio è vicino a chi soffre. Non solo vi aiuta, ma cambierà la vostra sorte e vi renderà il doppio di bene. Come ha fatto con Giobbe. “Il Signore benedisse la nuova condizione di Giobbe più della prima” (Gb. 42,12) cioè ha trasformato le sue sofferenze in maggiore benessere. Ecco i frutti della pazienza!”

 

“Quindi per la pazienza non devono esserci limiti. Ma dove troveremo la forza per resistere”?

 

“Nella fede. Tutta la vostra vita deve essere un atto di fede. Se trovare altre soluzioni seguitele e, poi, mi informerai sui risultati. Non penso che ribellandovi o imprecando risolverete qualcosa. Credete in Dio padre, buono, provvidente, misericordioso; Dio che affligge e non abbandona, come dicevano i vostri padri; Dio che non può provare gusto a veder soffrire una sua creatura. Se così fosse, che Dio sarebbe?”

 

Parole sagge queste del santo. Ma come si fa ad accettarle fino in fondo? La sofferenza mette a nudo la nostra imperfezione, il nostro limite. Ribellarsi ed imprecare è istintivo. Poi la ragione prende il sopravvento e chiede il supporto della fede. Allora anche la sofferenza acquista valore e la pazienza non è più un problema.

 

 

 

Cordiani Carmelo: «"FINO A QUANDO, SAN NICOLA?". Quale sono le aspettative di vita? Niente noie, sofferenze, malattie, fastidi … Si vorrebbero giornate di sole, non troppo forte. Ed al minimo disturbo ci si lamenta: Dio si è dimenticato di noi, ci ha abbandonato. Perché permette tanto male? Perché non ferma la mano di chi scaraventa un innocente di quindici mesi in un fiume? Ha salvato Mosè dalle acque e non poteva salvare quella creatura? O ha delle preferenze? E che Dio è?», Galatro (RC), Domenica  12 Febbraio 2012

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