Bloc-notes

VEGLIATE DUNQUE …

perché non sapete in qual giorno verrà il vostro Signore

Ma allora cos'è il “Carpe diem” di Orazio

 

 

di Carmelo Cordiani

         

         L’ode XI di Orazio è tra le più corte, ma la più intensa. Il poeta si rivolge alla sua amica Leuconoe per dirle di non farsi troppe domande: “Non è lecito sapere quale fine gli dei abbiano stabilito per loro”. Nel testo il relativo “quem” è ripetuto due volte (qem mihi… quem tibi) per sottolineare che per ognuno è diverso il tempo e il genere. L’ode conclude con due parole: “Carpe diem”, scempiate in “cogli l’attimo”.(1)

 

         Nel capitolo 24, dal versetto 36 a scorrere e nel capitolo 25, dal primo e seguenti, Matteo riporta un messaggio analogo a quello dello stoico Orazio :”Quanto al giorno e l’ora nessuno li conosce”, concludendo: “Vegliate dunque, perché non sapete in qual giorno verrà il vostro Signore”. Il messaggio si veste di parabola quando Gesù paragona il regno dei cieli a dieci vergini che vanno incontro allo sposo. Cinque sono prudenti e si preoccupano della scorta di olio per le loro lampade; cinque stolte che si affidano al caso, non calcolando la possibilità che lo sposo possa ritardare. Infatti passò del tempo prima che lo sposo si presentasse, tanto che le vergini si sono assopite. “Ma a mezzanotte risuonò un grido: Ecco lo sposo!”. Le vergini prudenti hanno rigenerato le loro lampade , mentre le stolte rimasero al buio. La parabole conclude con lo stesso messaggio: “Vegliate dunque, perché non conoscete né il giorno né l’ora”.

 

         La conclusione della vita per quanto certa, comporta, dunque, la sorpresa. L’invito di Gesù a vegliare si traduce in “valore” della vita. La scorta dell’olio per la lampada è la riserva di bene accumulato durante la breve o lunga esistenza. Breve, perché l’intensità, la generosità, la disponibilità e quant’altro possono sommarsi anche in poco spazio e riempire le nostre mani. Allora il “carpe diem”, per la lampada della fede, può assumere il significato di non lasciar passare alcun giorno senza salire di un gradino, anche piccolo, verso la Verità: Ricerca di Dio.

 

         Nella parabola delle vergini non a caso lo sposo ritarda. Il percorso verso Dio e, quindi, verso la Verità è contorto, tutto in salita, pieno di incognite, di dubbi, di incertezze che si possono tradurre in sfiducia o, addirittura, in abbandono. Si può optare per lo scetticismo rinunciando alla ragione che deve essere testarda e non rappresentare un ostacolo. Una sfida! Si, una sfida a Dio: Non mi darò pace finché non mi farai capire chi sei e cosa vuoi da me. Puoi ritardare quanto vuoi, puoi tormentarmi con le prove anche estreme, ma io continuo ad accumulare olio per la mia lampada in modo da poterTi vedere, finalmente, in faccia e mi dovrai accogliere come le vergini prudenti. Non è presunzione: è un diritto. Dal momento che stiamo a vivere, dobbiamo vivere e capire perché. E la risposta è in Dio verità.

 

         Vegliare non vuol dire “paura” che da un momento all’altro ci sorprenda l’arrivo dello “sposo”. La vita si trasformerebbe in incubo e verrebbe meno l’amore al quale Gesù più volte ha fatto riferimento. Sarebbero perfino inutili le parabole del figliol prodigo, della pecorella smarrita, della dracma perduta… Dio è amore e continua ad esserlo soprattutto con i più fragili, con i peccatori, con i pubblicani, con quelli che si ostinano a cercarlo, perché non possono farne a meno.

 

 

(1) Tradurre “carpe diem” in “cogli l’attimo” è un’offesa al pensiero di Orazio. Basta leggere il verso seguente: “quam minimum credula postero” (credendo quanto basta nel domani) per capire che il poeta mette da parte qualcosa anche per l’indomani.

 

Cordiani Carmelo - Bloc-notes: «VEGLIATE DUNQUE … perché non sapete in qual giorno verrà il vostro Signore. Ma allora cos'è il “Carpe diem” di Orazio», Galatro (RC),  8 Maggio 2010

Home