Bloc-notes

In memoria di  Angelo Franzè

CIAO CAPO

Un breve ricordo dell'amico scomparso

 

di Carmelo Cordiani

 

 

Così l’ho sempre chiamato, fino a due giorni prima che se ne andasse, improvvisamente, verso le cinque del sedici giugno scorso. Forse non ha avuto il tempo di rendersi conto. Forse! Infondo ci è riuscito, come mi aveva detto tanti anni fa, durante i soliti quattro passi che si faceva insieme prima dell’inizio delle lezioni: “Quando arriva la mia ora, vorrei addormentarmi e non svegliarmi”.

 

Oltre vent’anni insieme, nello stesso plesso di Via Regina Margherita, con gli stessi orari di lavoro. Oltre vent’anni di riflessioni insieme, un po’ su tutto, dalla politica paesana a quella nazionale. Eravamo su fronti per niente coincidenti. Eppure convenivamo su tanti punti di vista, come amici che discutono di problemi comuni. Si parlava spesso di scuola, di stipendi sempre meno adeguati alle esigenze. Era abilissimo nel fare conti: “Tanto per questo, tanto per quest’altro… Alla fine restiamo in rosso”. Erano gli anni a cavallo tra i sessanta e i settanta e tutti e due si era impegnati nella costruzione della casa. “Credetemi, Carmelino, non vedo l’ora di entrare in casa mia. Mi restano gli infissi. Ma ho già pensato come risolvere il problema. Mi sono preso una rappresentanza. Almeno riesco a risparmiare qualcosa. Servono anche a voi?” “Peccato. Le ho già ordinate”.

 

In uno dei soliti quattro passi gli venne un’idea. “Perché non prepariamo un progetto di classi aperte? Io potrei insegnare storia. Voi musica e Bruno ( Marazzita ) inglese e geografia”. Questo ancora prima della 517, quando la Falcucci, forse, stava ancora pensando alla Legge che avrebbe fatto approvare qualche anno dopo. Ne parlammo meglio insieme a Bruno. Franzè si disse disponibile a stendere il progetto. Non impiegò molto tempo. Leggeva tutto sulla scuola. All’inizio dell’anno scolastico 1975– 76 ci riunì l’Ispettore Bevilacqua, tante congratulazioni per l’iniziativa di cui Franzè si premurò di evidenziare ulteriormente la valenza didattica, tanti “Bravi, Bravi”, ma dell’approvazione da parte del Provveditorato agli Studi non si seppe più niente. Si preferì pensare al tempo pieno, occasione da non perdere per movimenti interprovinciali. A fine ottobre 75, proprio in sede di esame presso la facoltà di Magistero di Messina, il prof. Curatola, leggendo sul mio statino Galatro ed essendo componente della commissione “programmazione e sperimentazione” presso il Provveditorato agli Studi di Reggio Calabria, mi domandò che fine avesse fatto l’iniziativa delle classi aperte. “Ognuno nella sua classe”, gli risposi. “Maestri unici siamo e tali resteremo. Così si vuole là dove si puote”. Franzè non si arrese. Ne parlò con l’allora Direttore Didattico che, di vedute molto aperte, ci lasciò fare. I ragazzi di tre classi sperimentarono quanto quindici anni dopo sarebbe stato “modulo”.

 

Da tempo la vista gli creava problemi. E ne soffriva. Appassionato della lettura, come accennato, specialmente delle riviste scolastiche, si preoccupava seriamente di dovervi rinunciare.  E di rinunciare al suo hobby preferito: La pittura. I suoi quadri,
“i miei scarabocchi”, come diceva, sono ancora esposti sulle pareti del suo studio.“Sarebbe come se mi mancasse il pane”, mi confidò un giorno. Io cercavo di incoraggiarlo, dicendogli che nel ramo della oftalmoiatria la scienza stava procedendo veloce e che alcuni specialisti, anche italiani, operavano veri miracoli. Qualche anno dopo si fece operare dal Prof. Bietti di cui conservò un ricordo amichevole. Gli telefonai mentre si trovava in clinica. Sereno come sempre. Per la prima volta lo sentii concludere : “Sia fatta la volontà di Dio”.

 

Ho seguito da vicino il suo cammino di fede. Da una posizione scettica, lentamente è arrivato al “credo”. Un percorso lungo e difficile. A volte un vero tormento, tipico di chi vuole trovare il bandolo di una matassa ingarbugliata. “Perché tanto male, tante ingiustizie, tante sofferenze…? Dove guarda Dio?”. Mi trovava disarmato e senza risposta. “Anche io mi chiedo che fine ha fatto Dio, perché ha mandato suo Figlio a farsi crocifiggere, quali peccati ha espiato se, oggi, ne commettiamo più di prima. Ma non me la sento di mandarlo via dalla mia vita. Chi mi resterebbe? A chi potremmo rivolgerci per avere una risposta? Almeno lasciamoci la speranza che, un giorno, qualcuno potrà spiegarci il mistero di questa vita, i perché di tante assurdità… Facciamo come quel contadino che si porta sempre dietro l’ombrello. Se dovesse piovere?”

 

Mi rendevo conto della debolezza di quanto dicevo e sapevo che, in una mente critica come quella del collega, le mie parole non avrebbero mai prodotto alcun effetto. Ma mi sorprendeva il fatto che, sempre più frequentemente, ritornava sullo stesso argomento, come se volesse, ad ogni costo, trovare una risposta.

 

Forse arrivò quando, nella casa di un suo amico si verificò la lacrimazione del quadro della Madonna di Pompei. Fu proprio lui a parlarmene. Maropati dista pochi chilometri da Galatro. Eppure io non avevo conoscenza del fatto. Me ne parlò con tanto interesse che mi convinse ad andarci. Feci fila per arrivare vicino al quadro e rimasi toccato da quelle tracce di sangue nel quadro e sul muro. Ne parlammo a lungo. Nei discorsi di Franzè trapelava qualcosa che, se fede non era ancora, apriva ad una diversa visione della vita. “ Ho pensato a lungo sul fatto che ci sentiamo uomini liberi. Voi avete un’idea politica, io ne ho un’altra. Voi vedete le cose in un modo e io, tante volte, non le condivido. Siamo liberi, insomma. Forse Dio non guarda altrove. Forse il male ce lo procuriamo non usando bene la nostra libertà …”  Certamente la Madonna aveva colpito. Che ci sia stato o no il miracolo della lacrimazione, il cuore del collega Franzè era stato toccato. E per sempre.

 

Un venerdì Santo, lo vidi portare il grande Crocifisso per la cerimonia del “Ecce lignum crucis…”.

Sotto gli spessi occhiali si vedevano la sue lacrime di gioia. Proprio quel segno di contraddizione gli riempiva il cuore di speranza. Continuò a frequentare la Chiesa, sempre seduto al solito posto, vicino ai soliti amici, a farsi la comunione ogni domenica, sereno, anche quando ha avuto seri problemi e subito interventi delicati. Andai a trovarlo in ospedale. Mi ripeté le stesse parole: “Sia fatta la volontà di Dio”, ma con una convinzione diversa, non rassegnazione, quasi accettazione senza alcuna riserva.

 

Caro Capo. Ora potete chiedere al buon Dio le risposte che attendevate da chi non sapeva darvele, perché nessun uomo è in grado di capire il mistero della sua esistenza. Fatevi spiegare perché un padre debba assistere impotente alla morte della propria giovane figlia. Perché nel mondo c’è tanto odio, tanto male, tanta crudeltà. Perché muoiono di fame migliaia di bambini nel Suo mondo, creato tanto bello e tanto ricco da sfamare tutti. Perché si decapitano alcuni prigionieri o si seviziano altri. Perché ? E se vi capita di incontrare da quelle parti San Nicola, patrono della chiesa in cui vi siete recato appena tre giorni prima di incontrare a tu per tu quel Dio di cui si discuteva insieme, domandategli perché quel testone di chi scrive non è entrato in chiesa per assistere insieme a voi alla Santa Messa e sentire le parole di speranza: “In paradiso ti conducano gli Angeli …”
 

Cordiani Carmelo - Bloc-notes:  «In memoria di  Angelo Franzè. CIAO CAPO. Un breve ricordo dell'amico scomparso», Carmelo Cordiani, Galatro, 19 Giugno 2004

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