A rivederci San Nicola!

 
di Carmelo Cordiani

Non ho potuto trattenere una strizzatina d’occhio, quando il parroco, nel puntuale “vi potete sedere perché ho degli avvisi da comunicarvi ”, aggiunse la notizia che  nei primi giorni della prossima settimana il nostro Santo Patrono ci avrebbe lasciato per un viaggio di restauro. “Finalmente”, mi dissi e mi girai verso la  statua del Santo che rispose con un sorriso al mio gesto.

 

Terminata la cerimonia della Cresima, non ebbi tempo per fermarmi a tu per tu con San Nicola. Avevo un impegno urgente e mi affrettai ad uscire dalla parte opposta dell’Altare del Santo, confondendomi tra padrini, cresimati, parenti ed amici che si avvicinavano all’Altare Maggiore per le foto ricordo. Ma il giorno dopo, domenica, alla fine della messa, non ho resistito alla voglia di scambiare due parole.

 

“Ieri sera te ne sei andato senza nemmeno un saluto”, cominciò.

 

“Lo sai che mi aspettavano i ragazzi per lo spettacolo di fine anno. Sapessi che roba! Una serata di folk…”

 

“Di cosa?”

 

“Di festa tutta popolare. E tutta in dialetto calabrese, con i ragazzi vestiti con i costumi tradizionali, con canti dialettali, con danze popolari che hanno finito per coinvolgere gli spettatori. Tanti, ma proprio tanti spettatori”.

 

“Ma non è che sei venuto a raccontarmi della festa! Hai sentito bene la notizia: Parto.”

 

“Si, lo so. Ma dove vai?”

 

“Questo ancora non lo so. Il parroco non l’ha detto. So solo che mi ricovererò per una cura che, a quanto si dice, durerà a lungo. Hai sentito anche tu che il parroco ha detto : Speriamo che sia di ritorno per la festa. Sei mesi, quindi.”

 

“Lo sai che mi dispiace?”

 

“Cosa? Che mi rimetta un po’ in sesto?”

 

“No. Che stai fuori per tanto tempo.”

 

“E sono sicuro che ti metterai a parlare con qualche mio collega.”

 

“Per l’amor di Dio! Nemmeno a pensarlo. E, poi, qualche tuo collega, se è quello che pensi, è tanto indaffarato a dare ascolto a gruppi e sottogruppi, che, al primo tentativo di avvicinamento mi spedirebbe a quel paese. Stai tranquillo. Io preferisco Te perché ho tanti ricordi legati al Tuo nome”.

 

“E quali?”

 

“Per esempio, ricordo quando mio padre, devoto anche lui, lo sai, mi metteva qualche centesimo nelle scarpe la notte tra il cinque ed il sei dicembre”.

 

“Si, adesso ricordo. I tempi erano poveri e quei centesimi arrivavano graditi. Oggi, anche se sono ritornati i centesimi, nessuno ci bada. Hai visto quanti orologi al polso, quanti bracciali e collane d’oro addosso ai cresimandi! E che sfarzo di vestiti ! Altro che soldini nelle scarpe! Piuttosto scarpe da soldoni.”

 

“Mi piaci perché osservi e usi un linguaggio familiare. Ma, senti un po’: Com’è la storia del mais?

 

“Cosa?”

 

“Si, la storia del granturco, in dialetto migghju, che tu…”

 

“Senti, non tocchiamo questo tasto. Io non so a chi è venuta in mente una baggianata del genere. Ma ti immagini? Tenendo conto che in ogni casa si preparava una “pizzarica”…

 

“Vedo che hai imparato bene il dialetto…”

 

“Non mi interrompere. Tenendo conto, dicevo, che in ogni casa si teneva pronta una pizzarica di granturco bollito per quell’operazione che avrei dovuto compiere, mi sai dire quanta avrei dovuto farne in una notte per accontentare tutti. Siamo seri. Un conto è la benedizione che, come Patrono, elargisco a tutti i Galatresi, sempre, e non solo nel giorno di festa; un conto è costringermi a sforzarmi più del dovuto”.

 

“Hai ragione. Però da piccolo ci credevo anche io. E ti posso dire che, anche adesso, il sei dicembre mangio un po’ di granturco convinto che Tu l’hai benedetto, senza badare allo strumento.”

 

“Bravo. Senti un po’: hai idea di cosa mi faranno?”

 

“E’ semplice. Tieni conto che Tu sei un pezzo di legno.”

 

“Bel complimento che mi fai!”

 

“E’ stato detto per la Madonna e vale anche per Te. Quindi, prima di tutto osserveranno, uno per uno, tutti i fori che Ti hanno ridotto un colabrodo. Ne misureranno la profondità, le dimensioni, il danno… Poi, con prodotti chimici adeguati, procederanno ad una bonifica generale.”

 

“E le tre dita?”

 

“Te le ricostruiranno. Speriamo che siano bravi in anatomia.”

 

“Altrimenti?”

 

“C’è il rischio che ti rimangano tese. Sai cosa devono cambiarti?”

 

“Cosa?”

 

“Il bastone. Più robusto. E devono sistemarlo in modo tale che Tu possa usarlo facilmente.”

 

“Sono d’accordo. Va a finire che qualche mazzata mi scappa. Gli zucconi ci sono ancora. E hanno una coccia tanto dura che devo dire ai restauratori di farmene uno di riserva, caso mai il primo si dovesse rompere. E se non l’ho rotto in testa a chi voleva togliere lo striscione per la vittoria della Reggina, è perché non volevo che mi vedessero disarmato il giorno delle cresime, quando la Chiesa si riempie di fedeli.”

 

“Vedo che sei anche tifoso.”

 

“Del Bari, naturalmente. Ma la Reggina non giocava con il Bari. E la permanenza in serie A fa piacere anche a me che sono vostro di adozione.”

 

Mentre si discorreva così amichevolmente è arrivato un bambino ad accendere una candelina elettrica ( quelle di cera sono state abolite, anche perché quelle elettriche, consumandosi, lasciano i soldini in chiesa) ai piedi dell’altare.

 

“Vedi, San Nicola? I bambini ti pensano”.

 

“Lo so, e sono contento. Non per niente in altre parti del mondo mi chiamano Santa Claus e mi identificano nel Babbo Natale che porta i regali ai bambini. La storia non è cambiata. Una volta i soldini nelle scarpe, ora la gerla piena di regali per i bambini…” E mentre diceva queste cose, ho notato che gli occhi diventavano lucidi. Allora mi affrettai a chiudere, augurando al Santo Patrono Buon Viaggio e, soprattutto, Buon Ritorno.

 

Mentre lasciavo la Chiesa, il Santo mi ha seguito con gli occhi. Mi è parso, ma è stata una mia illusione, che ha sollevato la mano destra per benedirmi o, forse più vero, per benedire quel bambino che insieme a me usciva dalla Chiesa.
 

 

 

 

                Cordiani Carmelo: «A rivederci San Nicola!», di Carmelo Cordiani, 9 giugno 2003

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