Quattro chiacchiere con San Nicola

 
di Carmelo Cordiani

(N.B.: per vedere le foto fai click sul testo sottolineato)

 

            Chi l’ha detto che i Santi devono essere solo “pregati”? Non sono state persone in carne ed ossa, bisognose di cibo per nutrirsi, di sonno per riposarsi, di amici con cui scambiare due parole? Non sono vissuti, come noi, in contesti sociali, contenti quando tutto andava bene, preoccupati per le sofferenze degli altri e delle proprie?  E chi l’ha detto che, qualche volta non abbiano rivolto a Dio la stessa nostra domanda: “Ma perché permetti queste cose?” Uomini come noi, certo, sensibili come noi. La differenza sta nel fatto che i Santi operavano in costante coerenza con la fede in Dio. Freddo, caldo, felicità, dolore, malattia, incomprensioni, persecuzioni, morte... Tutto nel disegno misterioso di Dio. “Dio dà, Dio toglie. Sia fatta la sua volontà”.

 

            Più o meno questo mi girava in testa quando la bella statua di San Nicola, alle ore 15 del  6 dicembre scorso, giorno della Sua festa, varcò la soglia della Chiesa a Lui dedicata, a Galatro, mio paese per nascita e Suo per adozione. Una statua in legno, credo di fine settecento, che riproduce San Nicola vescovo, con tanto di mitra in testa, pastorale  inserito nel braccio sinistro ripiegato perché la mano è impegnata con un libro, sul quale spiccano tre palline. Il prete, nel panegirico, ha spiegato che quelle tre palline rappresentano tre strepitosi miracoli compiuti da San Nicola. La mano destra, con le dita mozze per via dei tarli che lo hanno attaccato un po’ dovunque, si alza benedicente. E mi ha fatto venire la pelle d’oca quando, dopo ben trentun anni, ha “preso un po’ d’aria” e si è fermato un attimo nel portone d’ingresso, prima di scendere l’ampia scala di pietra che, dal piano strada, conduce in chiesa. Forse anche Lui, ripeto dopo trentun anni, voleva rendersi conto di dove l’avrebbero portato i generosi fedeli impegnati sotto il suo peso, modesto in verità.

 

            Perché trentun anni? Semplice. L’ultima volta era stata il 6 dicembre del 1971. Poi non se ne parlò più. Si continuò nelle processioni delle Madonne, del Venerdì Santo, di San Rocco che chiudeva il ciclo delle processioni, ma del Santo Patrono niente. E bisogna dire che ci volle la determinazione del nuovo giovane parroco per ridare al Patrono gli onori dovuti. C’è stata la novena, ci sono state le messe come nei giorni festivi, perché le feste del Santo Patrono sono riconosciute a tutti gli effetti, c’è stata la messa solenne dopo la processione con tanto di panegirico del Santo. Ma ne parliamo più avanti.

 

            Il 6 dicembre si svegliò male e continuò a star peggio per tutto il giorno. Nuvoloni neri, densi di pioggia, avanzavano dal monte Poro e scaricavano acqua. La temperatura si abbassava, man mano che passavano le ore. A mezzogiorno nessuno sperava più della processione fissata per le ore 15.00. Finito il pranzo qualcuno pensò al solito sonnellino pomeridiano. Invece, un quarto alle 15.00, si calma il vento, qualche squarcio timido si apre nei nuvoloni, smette di piovere. “Che facciamo?” domandarono al parroco i volontari pronti al  trasporto a spalla del Santo Patrono.” Come che facciamo”? rispose il giovane parroco. “Andiamo”. E si uscì. Qualcuno, prudente, si mise sotto il braccio un sottile e leggero telo di plastica, pronto a proteggere il Santo Patrono nel caso di pioggia. Ma non ci fu bisogno. Non ci credereste; ma dalle 15.00 alle 17.10 nemmeno una goccia d’acqua. La processione si fece con una coda di fedeli lunga e devota, riprendendo i canti tradizionali che i giovani ascoltavano per la prima volta. Rientrati in chiesa, riprese a piovere. Ma eravamo all’asciutto e San Nicola visibilmente soddisfatto.

 

            Ma qual è stato il primo impatto del Patrono all’uscita della chiesa, dopo, dicevamo, la prima boccata d’aria umida e fresca? “Toh! “, s’è detto, “mi hanno cambiato la piazza”. La ricordava pavimentata con pani di bitume pressati e l’ha ritrovata rifatta con lastre più scure, anche per via della cenere dell’Etna impastata dalla pioggia caduta. Ma quello che più lo interessò è stata quella rosa dei venti al centro. “Meno male”, si disse, “che hanno pensato a qualcosa per l’orientamento. Bravi!”. Ma i conti non gli tornavano, quando provò a pensare da quale parte si trovava Mira, la sua patria, sbirciando quella rosa dei venti. “Se il Nord e lì, si disse, Mira dovrebbe essere da quella parte. Ma non può essere, perché non quadra bene l’Est. Si vede che, a chi ha sistemato quella rosa non funzionava  la bussola”.

 

            Scendendo l’ampia gradinata in pietra, ha dato un rapido sguardo a sinistra. Mi è sembrato che mormorasse qualcosa, ma non sono riuscito a decifrare nemmeno una sillaba. Poi, nel tratto di strada tra la piazza e il rione Pecorello, mentre i portatori affrontavano la salita vicino alla casa dell’ex parroco Don Siclari, deceduto tanti anno fa, trovandomi ad altezza favorevole perché mi potesse sentire anche a voce bassa azzardai una domanda:

 

            “Mi sembra che, poco fa, hai mosso le labbra. Volevi dire qualcosa?”

 

            “Niente”, mi rispose.

 

            “Eppure sono convinto che parlavi da solo. Non è che, per caso, ce l’avevi con Padre Pio... Adesso è Santo, lo sai. E per giunta è tuo compaesano”.

 

            “Come sarebbe a dire?”

 

            “Certo. Tu sei stato Vescovo di Bari. Lui è vissuto a San Giovanni Rotondo, pugliese di adozione, come Te. E per giunta famoso. Ha compiuto miracoli strepitosi”.

 

            “Andiamo adagio. I miracoli sono un fatto serio. Prima di tutto li fa Dio...”

 

            “D’accordo. Ma ne ha fatti più di Te.”

 

            “Ma non è il numero che conta. Sapessi quanto mi è costato riportare in vita quelle tre fanciulle fatte a pezzettini e messi in salamoia! Vuoi mettere un’impresa del genere con alcune guarigioni che non si sa, poi, se sono veri miracoli?”

 

            “Anche questo succede?”

 

            “Qualche volta. Poi ti capita un Papa generoso, che proclama Santi e Beati a tutto spiano e tante cose passano. Ma dimmi una cosa: Perché lo lasciano fuori e non lo portano in chiesa?”

 

            “ E dove lo mettono? I posti sono già tutti occupati. Lo sai cos’ha detto una volta un parroco, quando è arrivata la statua di San Francesco di Paola?”

 

            “Cos’ha detto?”

 

            “Mancava st’atru pistuni.”

 

            “E cosa vuol dire?”

 

            “Tu il galatrese non lo conosci. Ed è meglio. D’altra parte, all’aria aperta si sta anche bene. E, poi, è coperto. Ma non è che sei geloso? Tu Patrono di Galatro, Lui ultimo arrivato, eppure hai visto quanti fiori, quanti lumini... Pensa che c’è qualcuno che non va a dormire senza passare da San Pio per dargli la buonanotte e abbracciarlo come si fa con una persona cara.”

 

            “Mi fa piacere. E ora passa ad altro. Lo sai che ti dico? In Paradiso, con l’aureola di Santo, c’è arrivato da poco. Io ci sono da secoli.”

 

            Passando dietro la chiesa lo colpì una statua in gesso raffigurante il Cuore di Gesù. San Cosma e Damiano. Un mezzo busto che, oltre ai segni del tempo, presenta tante altre ferite... Per anni era stato murato. Forse non lo ricordava nemmeno Lui, come non lo conoscevano le nuove generazioni.

 

            “Povero Gesù! Sei combinato peggio di me. Tu sembri stato oggetto di tiri al bersaglio. Io tarlato dalla testa ai piedi. Ma ci poteva capitare di peggio, vista la fine di San Cosma e Damiano”.

 

            I fedeli cantavano, la banda della vicina Giffone eseguiva le solite marcette, compresa quella di Radetski ( ci mettono un po’ di tutto le bande di paese), i due ragazzi in testa alla processione martoriavano i timpani con tamburo e grancassa, il Santo Patrono procedeva un po’ in fretta, per via del tempo minaccioso.

 

            All’improvviso diventò serio. Girava gli occhi di qua e di là lungo le strade del paese, ma non riuscivo a capire cosa lo  preoccupasse tanto. Alle 17.10, come detto, San Nicola fece ritorno in chiesa tra gli applausi dei fedeli. E fu contento. Rimesso a posto, sulla sinistra dell’altare, guardava interessato la gente che cominciava a prendere posto per ascoltare la Santa Messa. Sembrava che volesse contarla, tutta quella gente, per farsi un calcolo in percentuale dei partecipanti alla sua processione. Sarà  l’impegno del calcolo, sarà la stanchezza, sarà l’odore d’incenso che saliva verso il soffitto della Chiesa ... fatto sta che San Nicola cominciava a sonnecchiare. Ma lo destò uno sguardo rapido sulla sua destra.

 

            “E quelli chi sono?” disse.

 

            “Come, chi sono? Non vedi che c’è il Signor Sindaco, l’assessore, il maresciallo...

 

            ”Mai visti”.

 

            “Dai, non esagerare. Proprio qualche mese fa, in occasione della consegna della parrocchia al nuovo  parroco erano seduti allo stesso posto. Il Signor Sindaco aveva  la fascia tricolore, come oggi. Ha anche porto  il saluto a nome della cittadinanza. Non lo hai sentito? Era proprio vicino al tuo altare, sul lato sinistro”.

 

            “Si, ma non ho capito niente. Il microfono non funzionava bene. Io, lo sai, non ci sento tanto dall’orecchio sinistro, e lui leggeva per i fatti suoi. Ho cercato di sporgermi, ma, tarlato come sono, ho avuto paura di  sfasciarmi”.

 

            “Guarda, c’è anche il nuovo gonfalone. E sul gonfalone ci sei anche tu”.

 

            “Un altro gonfalone? Sinceramente non mi piaccio. Mi hanno riprodotto troppo magro. Non ho l’aspetto di un Vescovo. Con quel braccio in aria sembro più un sindacalista”.

 

            Poi riprese il suo atteggiamento serio. Il motivo ce lo spiegò il giovane parroco, nel panegirico. “Galatro, disse, è un paese senza gente. Se ne vanno altrove in cerca di lavoro. Se ne vanno i giovani e non ritorneranno più”. E pensavo alla piazza rimessa a nuovo, alla rosa dei venti con il Nord a caso, alle strade della sezione Montebello rifatte con sampietrini, allo sfarzo di luci arancione che danno al paesaggio un tocco da favola, ma senza la gente  per le strade. Un paese che sta morendo! Via da Galatro, come agli inizi degli anni sessanta. “ Ma c’è dell’altro, aggiunse il giovane parroco. Galatro è un paese di furti, di rapine e di atti vandalici. Anche il benzinaio ha chiuso, dopo quattro rapine in due mesi. E cosa dire dell’orologio della chiesa appena riparato? Hanno spaccato il vetro a sassate”.

 

            San Nicola, appena rientrato in chiesa, ascoltando in silenzio si convinse che i suoi sospetti erano fondati. E si poteva notare che, di tanto in tanto allungava il braccio sinistro impegnato con il libro, come se volesse impugnare bene il pastorale. Il volto del Patrono si fece più serio, quando il giovane parroco toccò il tasto della moralità. O meglio dell'immoralità.

 

            “C’è tra i giovani, soprattutto tra i ragazzi di età di scuola media, una immoralità dilagante. Ragazzi e ragazze con esperienze sessuali precoci. Ho visto con i miei occhi preservativi usati buttati vicino alla chiesa della Montagna, insieme a siringhe. Erba e droga gira tra i giovani di Galatro, dove di notte arrivano indisturbati altri giovani come in terra di nessuno”.

 

            “A questo punto siamo!”, sembrava dicesse il Santo Patrono, sempre più cupo in viso. “Ecco perché mi hanno lasciato tanto tempo chiuso in chiesa! Si sono dimenticati che, una volta, ho fermato le macine del frantoio perché non si voleva rispettare il giorno a me dedicato. E c’è voluta le benedizione dell’allora parroco per rimettere tutto in moto. Ma adesso fermerò dell’altro”.

 

            “Sbrigati, San Nicola”, mi venne spontaneo.” Impugna bene quel pastorale e giralo dalla parte più grossa, per quei zucconi che non amano Galatro. Pensa che hanno cambiato anche i connotati. Tu non sei più Patrono di Galatro, ma di Galatro Terme. Aggiornati. Te l’aspettavi? Un prestigio in più. Chissà che anche il Padreterno non ti abbia messo un po’ più in su nel Suo Paradiso, dopo la promozione termale! Se sapessi quante cose belle si ammirano nella nuova struttura, quante minigonne già adesso e quante ne verranno poi. Niente paura, però. Non ti succederà di dover ripetere il miracolo delle fanciulle messe in salamoia. I tempi sono cambiati! Figurati se ci si preoccupa di difendere la verginità! Le esperienze sessuali di cui parlava il giovane parroco sono precoci oggi e si manterranno costanti nel tempo, stimolate dalle acque termali che, si dice, compiano miracoli più strepitosi dei tuoi”.

 

            A distanza di sei giorni la statua del Santo Patrono non è stata ancora rimessa nella sua nicchia, dove rimarrà fino al sei dicembre del 2003. Forse si allontanerà per qualche tempo per il restauro. E’ questa la volontà dei fedeli, condivisa dal parroco, soldi permettendo. Ma si trovano, se c’è buona volontà. Avremo modo, da qui ad un altro anno, di riprendere il discorso, aggiornando San Nicola di quanto succede fuori, se i furti e le rapine non ci sono più, se il parroco non trova più siringhe e preservativi usati vicino alla chiesa della Montagna, se i manifesti dei morti non sono più strappati dai muri, se le sue “mazzate” hanno prodotto qualche effetto. Speriamo, almeno, che quella tramontana persa nella rosa dei venti sia recuperata, perché l’uomo che si corregge vale molto di più dell’uomo che sbaglia.  

 


Cordiani Carmelo: «Quattro chiacchiere con San Nicola. Chi l’ha detto che i Santi devono essere solo “pregati”? », Galatro - 12 dicembre 2002

 

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