Benedetto  XVI

 

Obbedienza al PAPA è obbedire a CRISTO stesso

 

 
 

di Massimiliano Mercuri

“Oggi siamo alle prese con la cultura della pura e semplice apertura della libertà senza contenuti, del niente esistenziale. Questa è la più grande tragedia del nostro tempo, che diventa ancora più grande quando a questo niente e a queste aperture, si attribuisce, per amore di dialogo, qualche ingannevole etichetta cristiana. Fuori di Cristo, persona concreta, realtà viva, avvenimento, c’è solo il mito dell’uomo e la sua disperazione. In Cristo l’uomo trova la sua pienezza e la sua sola speranza”.

Questo è quanto scrive il Cardinale Giacomo Biffi (ahimé in  pensione) nel suo libro “Pinocchio, Peppone, l’Anticristo e altre divagazioni”, ed è a mio avviso la causa della crisi del Cristianesimo ai giorni nostri.

Ma  è proprio ciò che il poeta e filosofo russo Vladimir Sergeevic Solovev, aveva già preannunciato due secoli fa: la diffusione e l’affermazione del pacifismo, dell’ecologismo, dell’ecumenismo, del laicismo, del materialismo, dell’anticristianesimo, temi assai cari all’Anticristo.

Oggi la fede è ridotta ad azione umanitaria, e (come scrive lo stesso Biffi) il messaggio evangelico viene identificato e ridotto solo al confronto con tutte le filosofie e con tutte le religioni. La stessa Chiesa è scambiata per un’organizzazione di promozione sociale.

La cosa più grave è che ad acuire la crisi del Cristianesimo ci sia oggi una parte del clero (e tra questi non solo parroci e frati, ma anche vescovi e cardinali) che all’obbedienza al Papa (e alle gerarchie ecclesiastiche) preferiscono la libertà di espressione, alternandosi nell’esternare suggerimenti e idee che affossano quei temi sociali assai cari alla Chiesa stessa e che sono alla base della via civile: difesa della vita, difesa della famiglia, difesa della libertà di educazione.

Questi presunti esponenti del clero ormai curano, da “intellettuali catto-comunisti impegnati”, temi astratti come il pacifismo a senso unico, la solidarietà e la rettitudine, esaltandoli ed assolutizzandoli fino a sradicarsi del tutto dalla loro oggettiva radice cristiana.

Ne “Il racconto dell’Anticristo” di Solovev, lo staretz Giovanni risponde all’Anticristo: “quello che noi abbiamo di più caro nel cristianesimo è Cristo stesso. Lui stesso e tutto ciò che viene da Lui, giacché noi sappiamo che in Lui dimora corporalmente la pienezza della Divinità”.

Questo è ciò che bisognerebbe ricordare a quei frati che concedono con spirito di fratellanza le palestre parrocchiali per il Ramadam (e peccato che i “fratelli musulmani” nel loro paese ti sgozzano soltanto nel vederti indossare un crocifisso); a quei cardinali, il cui nome si differenzia da una vocale finale, che propongono, l’uno l’introduzione dell’ora di religione islamica a scuola, l’altro l’eutanasia, l’apertura alle coppie di fatto; al settimanale cattolico, che di cristiano gli è rimasto solo il nome, che ha contribuito a ridurre argomenti morali (quali la fecondazione, l’aborto, la contraccezione, l’eutanasia) su cui la Chiesa ha un magistero preciso, a livello (come dice Antonio Socci) dell’opinabile dove non esistono autorità, ma ciascuno, cattolico o no, può avere la sua idea e fare come crede.

Forse la deriva di questi clericali è la mancanza di un’educazione all’obbedienza e all’osservanza dei principi della dottrina sociale della Chiesa.

S. Ignazio di Loyola nel 1547, in una lettera agli studenti della Compagnia, così si esprimeva in merito a tale tema: “chi non fosse disposto ad ubbidire e lasciarsi guidare dall’autorità del rettore, si disponga a prendere altra via, lasciando la vostra comunità e il suo comune modo di vivere”.

Il vero male della Chiesa è la mancanza di obbedienza, forse perché Giovanni Paolo II prima e Benedetto XVI dopo, non si sono sottomessi alla sindrome della clerico-onnipotenza che pervade la cultura catto-comunista dossettiana,  e che in tutti questi anni ha cercato di distruggere (poveri illusi) due tra i maggiori movimenti cattolici: Comunione e Liberazione e l’Opus Dei.

Diceva S. Gregorio: “L’obbedienza non è tanto una virtù, quanto la madre delle virtù”. Obbedienza ai principi sociali della Chiesa che ha saputo interpretare quella dottrina sociale sempre esistita fra gli uomini, dandole vigore e fondamento. Dice don Giussani  nel libro “Alla ricerca del volto umano”: “Obbedienza vuol dire abbandonare sé per seguire un Altro, perciò è l’unico completo sacrificio. Il che non è necessariamente solo dolore o rinuncia, ma è anche la legge che ci rende grandi e lieti, che ci fa avere, secondo il Vangelo, il centuplo ora, in questo tempo” .

Il bene più grande che Dio ha donato all’uomo (Papa Benedetto XVI, Enciclica “ Deus Caritas est” ) è la sua vita e la sua libertà cioè la sua persona. E la famiglia è il luogo in cui la vita umana nasce e la libertà dei figli viene educata. Questo è il messaggio che il clero deve far proprio e diffondere con spirito cristiano fra la gente. Solo così si diventa veri cristiani in quanto all’origine c’è un incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva.
 

 

Benedetto XVI: «Obbedienza al PAPA è obbedire a CRISTO stesso» Massimiliano Mercuri, 22.08.20065

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