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	di Claudio Gentili 
	La scuola italiana ha 
	adottato una quantità davvero rilevante di iniziative per combattere la 
	dispersione e i drop out, anche se i risultati di queste campagne non sono 
	incoraggianti e le bocciature crescono. 
	Occorre riconoscere che la scuola italiana è ricca di talent scout. Basta 
	chiedere a persone di successo che ricordo hanno del loro periodo scolastico 
	per scoprire che in molti casi è stato un insegnante straordinario che li ha 
	appassionati e spinti a migliorare la loro preparazione. Manca però una 
	strategia per coltivare e incoraggiare i talenti. Una indagine della CRUI ha 
	messo in luce che l'Italia è rimasta decisamente indietro nella cura degli 
	"studenti d'eccellenza": 200 in Italia ogni anno, contro i 20.000 francesi. 
	Questa nostra allergia alla cura dei talenti ha una spiegazione: si tratta 
	del mito non ancora superato dell'egualitarismo che fa apparire iniziative 
	di tal fatta politicamente scorrette. 
	Eppure Andrea Ranieri, leader della CGIL e oggi assessore alla cultura a 
	Genova, sosteneva, creando scandalo nel suo ambiente, che coltivare e 
	promuovere l'eccellenza fa crescere le medie di sistema. Seguire meglio i 
	ragazzi più bravi non comporta necessariamente seguire meno i ragazzi meno 
	bravi. È innegabile che la nostra scuola ha trascurato per troppo tempo il 
	problema dei ragazzi più brillanti. 
	Schiacciare i bravi in attesa che crescano i meno bravi per "non lasciare 
	nessuno indietro" è una strategia che non funziona. Di fatto, rallenta i 
	ritmi dell'intera carovana-classe. Promuovere l'eccellenza e far crescere i 
	ragazzi che arrivano a scuola con alle spalle una famiglia che ha meno 
	"allenato" la mente non è un ossimoro. Si può fare e accade nei migliori 
	paesi europei. D'altro canto è quello che normalmente avviene nello sport. 
	Cosa accade nelle corse ciclistiche? Quando il gruppo è unito il ritmo della 
	gara si fa lento. Ma quando c'è una fuga tutto il gruppo comincia a 
	inseguire. 
	E quindi i picchi d'eccellenza, nello sport come a scuola, fanno crescere la 
	media della maggioranza degli studenti. Nello sport poi i talent scout sono 
	molto più numerosi che nella scuola e soprattutto lavorano in un ambiente 
	che non è ostile all'eccellenza ma la cerca e la promuove. 
	Quando scoprono un talento fanno di tutto per non perderlo. Lo allenano, lo 
	blandiscono, ne sopportano gli inevitabili atteggiamenti fuori dalle righe. 
	Basti pensare a calciatori come Cassano o Balotelli. Se avessero trovato un 
	allenatore insofferente alle loro "sregolatezze" avremmo perso dei campioni. 
	Il genio si sposa d'altro canto con la sregolatezza. 
	Mentre nelle squadre di calcio non fa scandalo che esista la "squadra 
	primavera" dove si coltivano i ragazzi più promettenti, se un giovane 
	italiano vince ad esempio le "Olimpiadi della matematica" di norma la scuola 
	non investe nulla su di lui. Molti insegnanti non sono stati a loro volta 
	allenati a mettere a frutto l'eccellenza dei più bravi per affidare loro i 
	coetanei più deboli. Con ciò l'eccellenza, oltre ad essere valorizzata, si 
	consolida e cresce (niente allena meglio che far capire a un altro ciò che 
	si è capito). E così i più deboli hanno maggiori probabilità di comprendere 
	le parti più complesse dell'insegnamento con l'aiuto del coetaneo di 
	talento.  
	Scoprire i talenti (non solo degli alunni ma anche dei docenti) 
	consentirebbe interessanti innovazioni didattiche. La prassi invece è non 
	scoprire i talenti e non cacciare i somari recidivi. Nel caso dei docenti 
	l'egualitarismo impone il livellamento al basso delle retribuzioni. Nel caso 
	degli alunni si preparano masse di spettatori per Il grande fratello. Chi si 
	salva è perché ha la fortuna di capitare con bravi docenti, di essere nato 
	in una culla giusta (cioè in una famiglia seria e intelligente).  
	Infine esiste un fenomeno che è ancora poco studiato: il fenomeno dei talent 
	killer.  
	Allo studente di talento può capitare di imbattersi in un professore che fa 
	il talent killer (cioè dedica il suo tempo a uccidere i talenti). È noto che 
	i professori mediocri prendono di mira i ragazzi più dotati. Li frustrano, 
	fanno di tutto per umiliarli, non ne sopportano le prevedibili esuberanze e 
	non fanno nulla per coltivare la loro genialità. 
	E' sempre difficile giudicare. La discrezionalità del momento valutativo e 
	gli effetti alone che possono condizionarlo sono noti. Sono noti pure gli 
	atteggiamenti di rifiuto, di sufficienza, diciamo pure "saccenti" che alcuni 
	geniali adolescenti adottano, provocando i loro insegnanti e spingendoli a 
	comportamenti conflittuali. Esattamente come Cassano e altri campioni nel 
	calcio, nella musica o nell'arte. Ma coltivare un campione vuol dire non 
	arrendersi di fronte alla sregolatezza. 
	Esistono numerosi casi di giovani che hanno vinto le "Olimpiadi della 
	matematica" e poi hanno incontrato un insegnante che li ha presi di mira, 
	vanificando il loro potenziale. Ovviamente non si può generalizzare, occorre 
	ricordare che i vari test che misurano le competenze e le eccellenze (P.I.S.A., 
	Olimpiadi etc.) tendono a verificare certe abilità e competenze ma non il 
	complesso delle abilità e competenze che assicurano il rendimento scolastico 
	di uno studente. Ci sono ragazzi bravissimi a risolvere complicati quesiti 
	matematici ma incapaci di interessarsi ai teoremi e alle loro dimostrazioni, 
	e in molti casi non vi è corrispondenza tra successo scientifico e positivo 
	superamento dei test. 
	Esiste poi l'effetto "bambino prodigio". Capita spesso che, ad una certa età 
	infantile, si possa eccellere in una disciplina ma poi, con la crescita, 
	quel talento si appanna.  
	Nella nostra scuola si può fare di più per coltivare le eccellenze. Partendo 
	dalla qualità degli insegnanti e della loro selezione. Ma ponendo in essere, 
	come avviene ad esempio negli Usa, strategie di manutenzione e potenziamento 
	dei talenti sia in orario scolastico che in ambito extra scolastico. Infine 
	occorrerebbe una strategia di protezione degli studenti dai talent killer.
	 
	I capaci e meritevoli di cui parla la nostra Costituzione hanno diritto a 
	incontrare insegnati competenti e comprensivi, non mediocri e frustranti. 
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