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           Conferenza
          con il dr. Palladino, presidente del Centro Internazionale
          Studi Sturzo, presso il Real
          Collegio di Moncalieri (Torino) del 25 ottobre 2001 
           
           
           
          Padre
          Bianchi 
           
          Porgo il benvenuto al dr. Palladino, presidente del Centro
          Internazionale Studi Sturzo, al sindaco, al dr. Piepoli
          responsabile del CISS di Torino e a tutti voi miei carissimi
          amici, che ringrazio per essere intervenuti numerosi ad
          incontrare questa sera una bella, anche se poco conosciuta:
          la dottrina sociale della chiesa !! 
           
           
          Dal
          momento che una delle ragioni di esistenza del centro, che
          in questo luogo è nato tre anni or sono, è di mantenere
          vive le linee, le motivazioni, qui da sempre coltivate, da
          cui può sgorgare una vita più cristiana e più umana nei
          suoi aspetti personali e sociali, ci è parso opportuno
          dedicare l’incontro di questa sera alla dottrina sociale
          della chiesa, per il fatto che un certo uomo, assieme a un
          drappello di seguaci, ha passato la vita operando il bene, -
          secondo quanto ci hanno testimoniato i vangeli – rendendo
          gli ambienti dove esercitava, più vivibili, cosa di cui
          c’è tanto bisogno anche oggi stando ai tragici eventi di
          questi mesi. 
           
           
          Vi
          confesso che  una delle cose che più mi ha affascinato nella
          vita e aiutato a cambiare i rapporti con la gente, è stata
          la scoperta del valore assoluto della persona;  per cui
          scorgo in ogni uomo non un essere sperduto e gettato sulla
          terra chissà come e chissà da chi, ma un essere – fosse
          il più dotato o anche il più povero – con cui il mistero
          è entrato in rapporto e si disvela; un essere umano libero,
          dove la dignità dell’uomo, la maestà della persona vige
          sempre, viva, inattaccabile, perché creata “a immagine e
          somiglianza di Dio”. 
           
           
          Da
          notare che a questa realtà espressa nel concetto e nella
          parola di “persona”, il pensiero umano è giunto
          attraverso il cristianesimo; verità riconosciuta anche da
          laici, come il filosofo  Roger Garaudy  che ha scritto:
          “il
          cristianesimo ha creato una nuova dimensione dell’uomo,
          quella della persona. Nozione estranea al razionalismo
          classico. Infatti i padri greci non erano in grado di
          trovare nella filosofia greca le categorie e le parole di
          questa nuova realtà. Il pensiero greco non era capace di
          concepire che l’infinito potesse esprimersi in una
          persona”. 
           
           
          E’
          questo un pilastro per ogni umano rapporto, da cui tutte le
          encicliche dipendono, nelle loro tematiche più varie, dalla
          
          “Rerum Novarum” di Leone XIII alle ultime di Giovanni
          Paolo II. 
           
           
          Ce
          ne parlerà il presidente Giovanni Palladino, che ci verrà
          ora presentato dal dr. Piepoli, responsabile del CISS di
          Torino. 
           
           
           
          Ing.
          Piepoli 
           
          Vorrei
          cominciare con una citazione. Ce ne saranno un po’ nel mio
          intervento breve ed introduttivo, per cercare di sollecitare
          una riflessione. Una scrittrice inglese convertitasi al
          cattolicesimo, ha osservato che “Gli uomini raramente
          apprendono ciò che credono già di sapere”. Perché
          questa citazione ?   
           
           
          Ma,
          perché, e mi ci metto anch’io prima che incontrassi il
          CISS, per esempio sulla  Dottrina sociale della chiesa, sul
          termine sociale e sulle conseguenze logiche intuitive
          forzate da luoghi comuni, si è voluto leggere o peggio non
          leggendo completamente, si è voluto interpretare a modo
          proprio le encicliche e tutti gli insegnamenti della chiesa.
          Per cui magari il sociale ci fa pensare esclusivamente,
          (ed è qui il problema) al socialismo, al comunismo, alla
          distribuzione della ricchezza, ai poveri, alla bontà che
          uno deve avere nei confronti di questi, alla colpa magari
          esistenziale che ti porta a voler emergere e ad avere di
          più di qualcun altro, all’inconciliabilità di alcune
          cose, alla pesantezza che il termine sociale ha, alla
          severità del termine dottrina, alle encicliche dal titolo
          in latino per cui sembrano che siano per addetti ai lavori,
          belle esposizioni dottrinali, belle lezioni come quella che
          potrebbe esserci stasera, lontane in ultima analisi dalle
          nostre giornate, dalle nostre cose.  
           
           
          E’
          questo il rischio che c’è nell’approssimarsi a questo
          tema sia da parte vostra che da parte nostra. Se c’è
          questo rischio anche stasera, ribaltiamo il tutto, e diciamo
          pure a gran voce NON C’E’ NIENTE CHE NON CI INTERESSI
          SE NON PERCHE’ CI RIGUARDA PERSONALMENTE, la chiesa
          non fa la sua dottrina sociale per fare un partito da
          imporre né tantomeno noi la leggiamo o ne parliamo questa
          sera per portare acqua ad un ipotetico mulino. In realtà
          niente è più vicino a noi e confacente alla nostra natura
          che la dottrina sociale della chiesa. 
           
           
          La
          dottrina sociale della chiesa parte da un sano realismo. Ho
          voluto rileggere "Il senso religioso" di  Giussani e seguire un
          incontro pubblico con Cesana, perché sono due grossi
          conoscitori della realtà, due grossi personaggi del nostro
          tempo, con cui non si può non confrontarsi. Il  Giussani
          dice ne  “Il Senso Religioso” a riguardo del realismo.
          “Intendo con questo riferirmi all’urgenza di non
          privilegiare uno schema che si abbia già presente nella
          mente rispetto alla osservazione intera, appassionata,
          insistente del fatto, dell’avvenimento reale.” Si
          intende qui ciò che ci succede, la nostra esperienza
          elementare che sostanzialmente è uguale per tutti. Ed
          ancora dice “L’esigenza della bontà, della giustizia,
          del vero, della felicità, ed io aggiungerei del bello,
          costituiscono il volto ultimo, l’energia profonda con cui
          gli uomini di tutti i tempi e di tutte le razze accostano
          tutto”. Di qui il carattere globale e sociale del
          cristianesimo che ha la pretesa di poter dire su tutto
          qualcosa, perché una verità non può essere valida per
          alcune cose e per altre no, altrimenti sarebbe un illusione.
          Ed ancora : “In realtà……. Di norma tutto viene
          affrontato secondo una mentalità comune, sostenuta e
          propagandata da chi nella società detiene il potere
          e………questa provoca una grande incrostazione che altera
          l’evidenza di quei significati primi, di quei criteri che
          sono propri dei nostri bisogni originali, con cui dobbiamo
          paragonare tutto." 
           
           
          Ecco
          ma come si fa a fare questo lavoro, cioè a togliere
          l’incrostazione  e
          paragonare tutto. E’ indispensabile per questo vivere in
          una comunità viva. Che non ci faccia accontentare del poco
          o peggio del nulla. Una comunità che ci aiuti a chiedere
          di più, a desiderare di più. Come diceva  Cesana
          qualche giorno fa al Colosseo. Ed ancora: <<Abbiamo
          ridotto l’amore a sesso, la giustizia a convenienza,….
          La realtà non ci dice più nulla.>> Ecco con una
          comunità viva e con gli strumenti e gli insegnamenti che la
          Chiesa ci dà, le encicliche e non starò a fare qui un
          elenco, abbiamo fotocopiato una copertina di RINASCIMENTO
          POPOLARE, un numero speciale del 97, che ne raccoglie le
          più importanti, ma ricordiamoci che si parte dal Vangelo. 
           
           
          Per
          questo il CISS si propone di diffondere la dottrina sociale
          della chiesa. Ed ancora con gli esempi e le testimonianze di
          quei nostri fratelli nella fede che sono diventati santi o
          che starebbero 
          per diventarlo nella misura in cui hanno voluto dare
          spazio a questa dottrina, vivendola anche in tempi diversi.
          La storia di Torino è piena di questi esempi, non stiamo
          qui a ricordarli tutti, fermiamoci alle circostanze. La
          prima è quella che ricorre domani 26 ottobre. Il 26 ottobre
          del 1828 nasceva a Torino un grande amante della libertà,
          grande educatore e grande operatore sociale, San Leonardo
          Murialdo. Di questo grande santo, in un recente articolo,
          comparso sul MONVISO, riguardo al fatto educativo, suo
          principale ambito vocazionale ho riportato le sue parole
          quanto mai attuali, che cito anche ora:<<Mentre il
          governo secolarizza le scuole pubbliche e colpisce in tutti
          i modi l’insegnamento libero e cattolico, riducendo con
          continui capziosi decreti o sopprimendo gli stabilimenti
          educativi degli ordini religiosi, è un opera santa e
          patriottica porgere aiuti e mezzi alle nuove scuole
          cattoliche che sorgono per l’attività di uomini di
          talento e di coraggio……la gioventù deve essere educata 
          secondo la volontà dei genitori e non secondo quella
          dei governanti, perché i figli sono dei genitori e non
          dello stato>>. Egli soleva dire:<<Gesù
          Cristo è la via delle opere dell’uomo>> e lui
          davvero ne ha fatte tante. 
           
           
          La
          seconda circostanza è questa. Si stanno per concludere le
          celebrazioni per il centenario del Beato Piergiorgio
          Frassati. Questa sera mentre noi siamo qui, nella parrocchia
          della Crocetta della Beata Vergine si tiene un incontro 
          dal titolo “Chi è Piergiorgio Frassati”.
          Ed è giusto ricordare anche lui. Fa parte di un epoca più
          recente.  Don Primo Soldi attuale parroco di Santa Giulia ha
          scritto su di lui un libro:  Verso L’assoluto. Dice di lui
          <<Si può dire che Frassati si è impegnato in
          politica per la realizzazione di un solo ideale:
          l’edificazione del regno di Cristo sulla terra>>. 
          Ed ancora: <<……di fronte ad
          un’immagine di Chiesa che proclama gli immutabili principi
          del cristianesimo senza trarne le conseguenze sul piano
          concreto, sta la scelta di Pier Giorgio di compromettersi
          nel lavoro sociale e politico. Ed ancora nel sito
          internet di Pier 
          Giorgio Frassati si legge: <<Ha coscienza
          che l’azione caritativa non basta, che bisogna risolvere i
          problemi sul piano dell’ordinamento sociale. Vede nel
          partito popolare italiano, fondato da don Sturzo nel 1919,
          lo strumento adatto per perseguire i suoi ideali. Dopo un
          periodo di “quarantena”, per la parentela con il
          Frassati notissimo liberale, la sua domanda di iscrizione
          viene accolta.>> 
           
           
          Ed
          arriviamo ad un altro grande, non ancora beato:  don Luigi
          Sturzo, forse quello che più ha rischiato a livello
          sociale, tanto da poter sembrare più politico che
          sacerdote. “Ho avuto la vocazione di portare Dio nella
          Politica” diceva Sturzo come ricorda  Monsignor
          Giuliani, postulatore della sua causa di beatificazione, nel
          numero speciale della nostra rivista RINASCIMENTO POPOLARE
          dell’agosto 97, nella richiesta di canonizzazione, tanto
          attesa ed auspicata, giunta finalmente con  la
          presidenza del qui presente dott. Palladino che, facendomi
          portavoce, penso, anche vostro, 
          mi pregio per questo di onorare. Ed ancora Sturzo
          diceva:<<Devo tutto al Vangelo ed alla Rerum
          Novarum>>. Ma diamo la parola al dottor Palladino
          che di sicuro potrà parlarci approfondendo di più il tema
          della serata arricchito dalla testimonianza di don Sturzo.
          Grazie. 
           
           
           
          Dott.
          Palladino 
           
          Grazie
          padre Bianchi, grazie Vito, buonasera a tutti. Il titolo
          può sembrare un po’ aggressivo, un po’ pessimista
          questo di definire la dottrina sociale della chiesa come una
          illustre sconosciuta ma è qualcosa che ho vissuto
          personalmente, perché io fino a pochi anni fa, fino a al
          ‘95 ero fra quelli che onestamente dovevano dire, “si è
          una illustre sconosciuta per me”, perché io fino ad
          allora, non mi ero mai addentrato nelle pagine scritte da
          tanti papi, in circa 2 secoli, pur essendo stato educato in
          una scuola cattolica a Roma, l’Istituto “San
          Giuseppe”, pur avendo vissuto in una famiglia praticante
          religiosa e pur avendo frequentato tante parrocchie. 
           
           
          Se non
          fosse stato per  mio padre e 
          alla sua vicinanza con don Sturzo, -  è stato il suo
          esecutore testamentario, il collaboratore più stretto negli
          ultimi anni di vita del sacerdote di Caltagirone - ecco io
          forse non avrei mai sentito questa necessità, però mio
          padre non mi ha mai imposto nulla non mi ha mai spinto a
          leggere. Io leggevo i suoi scritti su don Sturzo. Infatti,
          dopo la morte di Sturzo mio padre è stato quello che ha
          portato la fiaccola, la testimonianza di Sturzo per tutta
          Italia, purtroppo invano perché erano anni, decenni, mio
          padre è morto nel 94, in cui la parola di Sturzo era
          ritenuta antica, quasi  giurassica. “E’ l’uomo
          dell’altro secolo”, si diceva, quindi mio padre ha
          lottato contro una società e anche contro un partito, cioè
          la democrazia cristiana, che aveva accantonato Sturzo come
          un uomo del passato, un uomo che non aveva capito il
          moderno, per cui non poteva essere ripreso, non poteva
          essere celebrato. Ebbene io ho incominciato a leggere le
          prime pagine di Sturzo e della dottrina sociale della chiesa
          dal ‘95 in poi. Perché morto mio padre mi sono sentito in
          dovere di continuare il suo lavoro, che non è stato inutile
          e sono rimasto sconvolto da quello che mi ero perso nel non
          avere iniziato ad approfondire certi problemi prima, e devo
          dire ho provato un grande senso di frustrazione perché come
          cristiano praticante avevo una miniera vicino, a portata di
          mano, una miniera non di teorie, non di parole vane ma di
          concetti concreti, che hanno una importanza fondamentale per
          la nostra vita. 
           
           
          Ed ho iniziato anche accanto alla
          frustrazione a inorgoglirmi di appartenere, di far parte, di
          credere in una fede che ha potuto produrre nel tempo dei
          documenti così importanti, oserei dire così moderni anche
          se scritti più di 150 anni fa. Pensavo che la  Dottrina
          Sociale della Chiesa partisse con Leone XIII in realtà
          parte con Pio IX con l’enciclica “Quanta cura” del
          1864 e dal vangelo. La dottrina sociale della chiesa non è
          che la proiezione del vangelo, dell’insegnamento
          evangelico nella nostra congiuntura dei tempi. E’ un farsi
          parte attiva, un farsi interprete dell’evoluzione della
          società, è un 
          dare alla società, al nostro mondo civile, degli
          elementi, degli orientamenti, dei consigli pratici non
          teorici per rendere la nostra vita più piena. Poco prima
          diceva padre Bianchi giustamente, l’importantissimo
          concetto della dignità della persona “ Noi siamo fatti,
          secondo la nostra fede, 
          ad immagine e somiglianza di Dio”. Ecco, Dio chi è
          innanzitutto. Dio è creatore, quindi se noi siamo fatti ad
          immagine e somiglianza sua, noi dovremmo essere cocreatori e
          penso che la dignità della persona, venga rispettata, venga
          esaltata, soprattutto quando questa è capace di creare, di
          fare, di realizzare, di realizzarsi nel realizzare, per sé
          e per gli altri.  La soddisfazione più grande per un uomo è
          produrre qualcosa di utile per sé e per gli altri. Non di
          essere un muscolo, semplicemente un muscolo: il vero muscolo
          sappiamo 
          non è quello del braccio, ma è del cervello, il
          vero muscolo, quello che nobilita l’uomo. 
           
           
          Se voi ci
          pensate,  lo sviluppo della società, in senso più civile è
          partito dal momento in cui l’uomo ha abbandonato il
          muscolo, quello del braccio ed ha sempre più dedicato tempo
          a formare il suo cervello, la sua mente, la sua capacità di
          creazione positiva, per sé e per gli altri. Ora io sono
          rimasto sconvolto perché pur avendo operato per decenni nel
          mondo dell’economia e della finanza e avendo vissuto anni
          molto duri di grandi conflitti, 
          specialmente in Italia, tra capitale e lavoro -
          l’Italia sapete è stato il paese più 
          danneggiato da questa stupida guerra tra capitale e
          lavoro ed io ero abbastanza allarmato, soprattutto negli
          anni ’70, per il mio stesso lavoro che dipendeva molto invece
          dall’armonia tra questi due fattori della produzione - io
          nelle pagine della “Rerum Novarum” ho trovato delle idee
          modernissime che mi sono chiesto come mai non sono state
          recepite, ma non da chi credeva nel marxismo, in perfetta
          buona fede. 
          Pertanto io 
          non me la prendo con costoro, ma con chi doveva
          portare il patrimonio della Dottrina Sociale della Chiesa
          nella realtà del nostro paese e di altri, cioè me la
          prendo soprattutto con il partito che ha avuto l’ardire,
          contro il parere di don Sturzo, di chiamarsi cristiano. 
           
           
          Don
          Sturzo non voleva assolutamente associare il nome di Cristo
          ad un partito. Diceva, 
          se facciamo bene, benissimo, onore, ma se facciamo
          male corriamo un rischio gravissimo, quello di coinvolgere
          una persona assoluta, Gesù Cristo, Dio, che nulla ha a che
          veder con l’attività di un partito. Quindi  Partito
          Popolare Italiano, era questo il nome dato al partito da lui
          fondato. Ebbene la Democrazia Cristiana 
          stranamente, non ha saputo sfruttare una miniera. Io
          vi voglio leggere due passi della “Rerum Novarum”, che
          mi hanno subito colpito quando ho iniziato a leggerla,
          ripeto dal ’95 in poi, colpa gravissima. 
          Ma ho fatto parte di una società dove ad iniziare
          dalla Chiesa, purtroppo, 
          dalla parrocchia, dalla scuola cattolica, non si è
          curato questo insegnamento. I papi
          scrivevano ma poi ci si
          perdeva nelle pieghe della vita che non consentiva certi
          approfondimenti, non c’era la voglia di andare a fondo. Vi
          leggo due passi di  Leone XIII, ma potrei leggervene anche di
          Pio IX di vent’anni prima, che sono abbastanza simili.
          “Nella presente questione sociale lo sconcio maggiore -
          sconcio, una parola forte per un papa - è questo, supporre
          l’una classe sociale   
          nemica naturalmente dell’altra, quasi che i ricchi
          e i 
          proletari gli abbia fatti natura lottare con duello
          implacabile fra loro, cosa tanto contraria alla ragione e
          alla verità che invece è verissimo che siccome il corpo
          umano le varie membra si accordano insieme e formano
          l’armonico temperamento che chiamasi simmetria 
          così volle la natura che nel civile 
          consorzio armonizzassero fra loro 
          quelle due classi 
          e ne risultasse l’equilibrio, l’una ha bisogno
          assoluto dell’altra,  né il capitale può stare senza il
          lavoro né il lavoro può stare senza il capitale.
           La
          concordia 
          fa la bellezza e l’ordine delle cose mentre un
          perpetuo conflitto 
          non può dare che confusione e barbarie.”  
           
           
 Pensate
          quanta confusione e quanta barbarie 
          nel tempo, perché l’uomo 
          non ha capito l’importanza di questa verità. Cioè
          due classi che dovevano unirsi 
          e non dividersi in guerra come Carlo Marx 
          aveva detto. In fin dei conti la “Rerum Novarum”
          era la risposta al Capitale di Carlo Marx che predicava
          appunto la guerra per poi soppiantare il capitale da parte
          della classe lavoratrice e dare allo stato un potere molto
          importante nell’economia. Il papa dice no, non ci deve
          essere guerra. Marx ha ragione a lamentarsi, eravamo in un
          periodo in cui i bambini morivano in fabbrica e c’era una
          violenza del capitalismo di quel tempo veramente scandalosa
          e Marx ha urlato, ma purtroppo quell’urlo non aveva dietro
          di sé una soluzione, una ricetta valida, per risolvere quel
          problema. 
           
           
          Il papa dice il problema si risolve
          nell’armonia, nel mettersi insieme, non nella guerra.
          Quindi colpa sia del capitale che del lavoro 
          non aver capito questa verità e Don Sturzo vi
          ricordo che quando diventò sindaco di Caltagirone nel 1905
          per ben 15 anni, fu uno dei primi ad applicare questa
          ricetta, a creare subito un ambiente armonico fra questi due
          fattori della produzione. Mise insieme i latifondisti con i
          contadini.
          Incominciò a dividere le proprietà, -
          d’accordo ovviamente con i latifondisti di cui uno era suo
          padre, lui era un barone, - e incominciò a coinvolgere il
          lavoro nel capitale, 
			 creò una banca per combattere
          l’usura, creò cooperative di lavoratori, di consumatori,
          creò delle scuole di formazione professionale e così via.
          Cioè lui dice io non ho fatto nulla di straordinario, non
          ho altro che applicato delle idee che ho ricevuto dalla
          Rerum Novarum. E la sua intransigenza negli anni successivi,
          derivava dal fatto che lui notava che tutte queste idee
          funzionavano, producevano 
          effetti nella società, effetti positivi. Quindi per
          quindici anni lui ha fatto il sindaco del suo paese creando
          la rivoluzione del paese, non solo a Caltagirone ma anche in
          altri paesi della Sicilia, anche a livello nazionale le sue
          idee cominciavano a prendere piede 
          e concludo questa prima parte sturziana ricordandovi
          che  nel 1920 Sturzo fu il primo a livello mondiale - neanche
          in America avevano pensato ad un provvedimento di legge di
          questo tipo -  a portare in parlamento, 
          tramite il partito popolare, un disegno di legge per
          l’ azionariato operaio. 
           
           
          Voleva cioè 
          coinvolgere il lavoro nel capitale, farlo partecipare
          agli utili del capitale, idea che Giolitti bocciò purtroppo
          perché era ancora legato ad un certo tipo di capitalismo
          dei pochi, che non ammetteva ancora una democrazia economica
          come poi nel tempo si è realizzata in molti paesi. Oggi sul
          foglio ho letto una rubrica in cui c’è questo passo, 
          “25 ottobre 1951 dall’Osservatore Romano, consigli del
          Papa Pio XII 
          sull’uso dei soldi”. Pio XII coglie l’occasione
          di un congresso del Credito per far sapere la sua. Il
          pontefice se la prende con gli egoisti e gaudenti che
          sperperano nel lusso e nel godimento ed indica l’antidoto
          in un impiego giudizioso e profittevole dei capitali,
          trasformando in azionisti d’imprese utili coloro che
          depositano il loro denaro in fondi senza profitto o lo
          sperperano 
          in sciocchezze o in qualcosa che non crea sviluppo.
          Cioè Pio XII in pratica riprende il disegno sturziano
          dell’azionariato 
          diffuso nel 1920.  
           
           
 Vi leggo un altro passo della Rerum
          Novarum incredibile perché scritto in un anno,  il 1891 in
          cui soltanto l’8 % degli italiani pagava le tasse. Ma non
          perché il 92 % le evadesse, ma perché quel 92 % non aveva
          un reddito imponibile e quindi le tasse erano pagate da
          pochi, perché non dimentichiamoci che il mondo per secoli,
          per millenni è andato avanti con i pochi che dominavano e
          sfruttavano i molti . Non dimentichiamoci che questa è la
          storia del mondo, e solo dal 1800 è iniziata l’apertura,
          il cuneo che ha aperto lo sviluppo, ma noi fino a 150 anni
          fa vivevamo in un mondo che era sempre lo stesso, lo 0,1 %
          dominava il 99,9 %. Infatti, la Rerum Novarum nel 1350 o nel
          1700 era inconcepibile. Non c’era speranza, chi nasceva
          povero moriva povero, chi nasceva ricco moriva ricco, era
          questa la storia del mondo e non c’era modo per cambiarla,
          era questa la realtà. Per fortuna noi viviamo in un epoca
          storica in cui abbiamo visto che non 
          è giusto questo, perché se l’uomo è fatto ad
          immagine e somiglianza di Dio deve essere capace di
          migliorarsi e migliorare, di passare dal muscolo del braccio
          al muscolo del cervello ed essere creatore di sviluppo.
          Ecco, ma sentite quello che viene detto in queste righe che
          sono impressionanti e che riguardano le tasse.  Leone XIII
          dice in pratica che i vantaggi della proprietà privata sono
          tanti e li elenca per rispondere a Carlo Marx che invece
          voleva abolire la  proprietà privata, però attenzione,
          
          questi vantaggi dipendono dalla seguente condizione, che la
          proprietà privata non venga stremata da imposte eccessive,
          pensate diceva questo con l’8 % di contribuenti.  Ci
          verrebbe da dire ma questo è matto, vuole difendere l’8%
          . No, ebbene lui guardava avanti, il suo messaggio era : 
          “Non tutti proletari, tutti proprietari” . Bisognava
          creare le condizioni nel tempo, ovviamente non in tre anni ,
          ma nel lungo termine, bisognava diffondere la proprietà.
          Questa diffusione sarà tanto più facile effettuarla quanto
          più lo stato riuscirà ad essere stato e non imprenditore,
          banchiere, assicuratore, factotum. Cioè lui diceva che  le
          tasse diventano eccessive quando lo stato svolge troppi
          compiti che non gli competono e quando fa questo deve poi
          esigere imposte, deve pagarsi i suoi passaggi nella
          società.  
           
           
 Lo stato invece ha dei compiti ben precisi, non
          deve travalicarli,  deve fare l’arbitro
           e non il giocatore.
          Se fa il giocatore attenzione che poi il sistema diventa
          iniquo, perché si sprecano i soldi …cioè, tutte cose che
          noi poi abbiamo visto nella nostra realtà italiana, ma non
          nel 1891, ma nel 1960, ‘70, ’80, ed ecco quindi la mia
          frustrazione nel leggere queste cose. 
           
           
          Ma, mi chiedo sempre
          il  perché non abbiamo capito in tempo che lo statalismo poi
          conduce a questo tipo di problemi……. e poi abbiamo la
          fuga di capitali, abbiamo quello 
          che evade le imposte perché dice che è impossibile
          pagare certe aliquote e si sente la coscienza a posto, “la
          colpa è dello stato”. Ebbene sì, quante giustificazioni
          abbiamo sentito noi in Italia in questi ultimi quaranta,
          cinquant’anni perché le tasse erano troppo alte e quindi
          l’evasore era quasi da premiare. Tutti problemi questi che
          il papa aveva cento e più anni fa affrontato e chi avrebbe
          dovuto avere il compito di divulgare queste idee, non l’ha
          fatto. Ripeto non i socialisti, i comunisti che avevano la
          loro dottrina e in perfetta buonafede credevano che fosse
          quella giusta, no, noi siamo stati quelli che hanno mancato
          nel portare avanti certi messaggi.  
           
           
          Invece 
          Sturzo per tutta la sua vita, prima come sindaco, poi
          come esule successivamente per ventidue anni e poi come
          spina nel fianco della dc negli anni ‘50, sperava di poter
          incidere e di far capire che certi valori, certi principi
          vanno rispettati. Sono valori e principi che si abbeverano
          guarda caso alla Dottrina Sociale della Chiesa, la quale non
          vuole governare. Cioè  il papa nello scrivere l’enciclica
          non vuole fare il governatore della banca d’Italia o il
          primo ministro o l’imprenditore, vuole semplicemente 
          dare dei buoni consigli.  
           
           
 In fin dei conti io dico
          sempre, nel vangelo più che comandamenti ci sono consigli.
          Infatti ci viene detto: voi siete liberi ( libero arbitrio),
          io vi ho creato liberi, di sbagliare e di fare le cose
          giuste, io non vi ho obbligato a fare le cose giuste, vi do
          dei consigli per evitare di sbagliare. "Io sono la via, la
          verità e la vita". Ecco, io penso che tutto si racchiuda
          in questa affermazione, purtroppo pochi di noi hanno
          approfondito questa frase. Se sei la via vediamo quale via
          ci indichi, se sei la verità, vediamo quale verità, se sei
          la vita vediamo quale vita.  
           
           
 Quindi non abbiamo approfondito
          innanzitutto la fonte della nostra fede, che è il vangelo e
          dal vangelo tutto ciò che è seguito, soprattutto con le
          encicliche sociali. Guardate che questo rimprovero lo faccio
          a me, lo faccio ai miei amici cristiani, lo faccio alla
          Chiesa, la quale nonostante queste encicliche, questi
          consigli continui, non ha fatto un buon lavoro nel far
          passare dal vertice alla base questi principi. Ecco perché
          dico illustre sconosciuta, illustre perché si sa qualcosa,
          ma poi sconosciuta perché non si è letta o capita, e non
          si è insegnata. 
           
           
          Pensate che nei seminari italiani, io so di
          molti seminari, non si parla di Dottrina Sociale della
          Chiesa. E questo è uno scandalo, si, certo in alcuni
          seminari c’è molta attenzione, ma in altri, io ne conosco
          tanti, non si parla di Dottrina Sociale della Chiesa. Non lo
          so il perché, sinceramente io non mi so dare una risposta,
          quasi ci fosse un pudore, non so, non 
          so che cosa, ma certo se la si legge tutta, se si
          leggono le encicliche più importanti, ci sono delle verità
          inconfutabili, poi soprattutto oggi che abbiamo visto tante
          falsità, scontrarsi contro il muro della realtà. Queste,
          non hanno potuto reggere alla storia, ma ciò si poteva
          cogliere già con Pio IX sin dal 1864 con “Quanta cura”,
          per poi non parlare degli altri papi. Quindi ripeto, una
          miniera non utilizzata.  
           
           
 Noi come C.I.S.S., ci proponiamo
          invece di svuotarla questa miniera, di aprirla, di far
          capire ai nostri soci, ai nostri ascoltatori, ai nostri
          amici, quanto sia importante invece andare a scavare. E noi
          facciamo pubblicazioni in continuazione e stasera
          evidentemente in mezz’ora non si può fare molto, però
          abbiamo portato le nostre pubblicazioni, abbiamo portato la
          nostra rivista, abbiamo portato la nostra voglia davanti 
          a voi, per stimolarvi a capire l’importanza di
          questo patrimonio. Patrimonio di cui noi cristiani, dobbiamo
          andare orgogliosi, perché è la verità. Poi la realtà
          storica ci dimostra che era la verità quella che ci
          indicavano tanti pontefici.  
           
           
 Non vorrei andare avanti oltre
          perché preferisco che ci sia un dibattito, voglio passare
          la parola al sindaco, voglio solo chiudere, ricordandovi un
          altro fatto clamoroso che pochi conoscono. 
          Oggi si parla tanto, sapete, di  sussidiarietà, cioè
          dell’importanza della famiglia, del comune, della regione,
          prima ancora che dello stato. Orbene  questo principio che la
          comunità europea ha recepito nel trattato di Maastricht, è
          un principio di Dottrina Sociale della Chiesa. 1931, 
          “Quadragesimo anno”,  Pio XI nel celebrare il
          quarantesimo anniversario della “Rerum Novarum”, parla
          di sussidiarietà. Per questo Don Sturzo nel fare il
          sindaco, avendo il prefetto di Roma come suo nemico più
          acerrimo, non il partito di opposizione, perché Roma voleva
          controllare tutto, faceva notare che Roma non poteva
          conoscere bene i problemi di Caltagirone come lo stesso
          comune. E quindi da qui  il municipalismo sturziano, cioè
          l’importanza di un federalismo intelligente, di una
          maggiore responsabilità data a livello locale, da chi sta
          al centro,  lontano, spesso distratto, spesso ignorante.
          Questo è un principio fondamentale che Pio XI ha poi
          recepito nella sua enciclica. Quindi ripeto, come cristiani
          dobbiamo essere orgogliosi di questa intelligenza pratica,
          non 
          teorica, non astratta, ma fatta di cose concrete :
          tasse, capitale, lavoro, impresa. Vi ricordo che Leone XIII
          chiamava gli imprenditori padroni, Pio XI datori di lavoro,
          Giovanni Paolo II imprenditori. Vedete c’è anche nelle
          parole una evoluzione. Padroni perché effettivamente erano
          padroni e con la p maiuscola un tempo e che padroni !
          Tremendi, durissimi, poi datori di lavoro, poi imprenditori,
          perché ? Perché non sono più tre, non sono più dieci,
          sono milioni, creatori di lavoro, innanzitutto, creatori di
          bene comune, poi  certo, c’è sempre il ladro, quello che
          sfrutta, la pecora nera, ma in generale prima di tutto,
          l’importanza della impresa come fatto sociale,
          dell’imprenditore come ruolo sociale ancora prima che
          economico nel paese. E quindi l’importanza di curare a che
          l’imprenditore non sia bastonato, che non venga 
          sempre additato come sfruttatore, cosa che in questo
          paese purtroppo fino a poco tempo fa era lo sport nazionale,
          perché prevaleva questo stupido conflitto tra il lavoro ed
          il capitale, nonostante che decenni prima già i papi
          avevano detto è una pazzia. Ecco io mi fermo, non voglio
          più andare avanti, vi invito alla lettura di quello che
          abbiamo preparato, 
          abbiamo lasciato nel banco fuori e spero che da
          questa serata vi siate incuriositi e spero che se cristiani
          inorgogliti di una miniera che abbiamo a disposizione e che
          possiamo portare nella società a profitto, a benessere di
          tutti. 
           
           
           
          SINDACO
          ARCH.  NOVARINO  
           
          Io
          credo che la relazione qui svolta abbia molti elementi di
          riflessione. Tra l’altro penso di essere venuto qui per
          ascoltare, pur tuttavia c’è una riflessione di base che
          voglio fare e la traggo da un libro, che è uscito da poco, 
          Enrico Rusconi,  “Come se dio non ci fosse”. E’ un
          libro che a me è parso di grande interesse perché 
          in qualche modo dà un po’ i termini del ruolo che
          ciascuno di noi portatori di valori, ha all’interno di un
          sistema di democrazia. ……… Non vorrei farla lunga, se
          lo trovo lo leggo subito. Ovviamente quando uno lo cerca non
          lo trova…..non mi ero preparato….. cercherò di
          spiegarlo con le mie parole, partendo un momento da lontano.
          Io credo che oggi ci sia certamente riconoscibile nel
          sistema, diciamo di governo, una forte decadenza di tensione
          ideale. Mi accorgo che nell’ambiente in cui sono ad
          operare vi è una forte caduta di obiettivi, di valori, di
          pulsioni.  Credo tuttavia, anche per le cose che sono state
          dette, che ci sia una ricchezza straordinaria del passato
          nel don Sturzo citato, che devono diventare delle proposte,
          degli arricchimenti all’interno di un sistema democratico
          in cui ognuno porta i propri elementi di convincimento e
          cerca di costruire le soluzioni ai problemi. Mi sembra
          interessante il riferimento che faceva il dottore prima su
          alcuni punti che possono essere o non essere alla base di
          qualunque azione di carattere amministrativo. Don Sturzo ha
          fatto il sindaco e quindi ha anticipato di circa un secolo
          l’esperienza che sto vivendo e credo che vi siano alcuni
          punti che abbiano un significato importantissimo. E’ stato
          citato che  il centro dell’azione, il centro della vita è
          la persona. Questo vuol dire che all’interno della persona
          sono impliciti dei valori che non possono essere conculcati
          ma che devono trovare lo spazio per potersi esprimere.
          Diciamo così, proviamo a tradurlo in opzioni di carattere
          politico amministrativo locale, cioè bisogna garantire a
          tutti l’esercizio delle opportunità. Bisogna depotenziare
          un sistema di coercizioni che possono impedire alla dignità
          della persona di essere un valore. Lo traduco ancora in
          concetti che vi sono oggi all’interno del dibattito
          amministrativo politico.  Aldo Bonomi che credo molti abbiano
          sentito è uno, come dire, straordinario personaggio che
          riflette ed ha riflettuto anche sugli elementi dello
          sviluppo delle comunità. Parla di un elemento forte, come
          elemento dello sviluppo della comunità che è la coesione
          sociale. Allora, non può esistere coesione sociale se
          c’è disparità in eccesso. Ribaltando il concetto, non
          può esserci coesione sociale se non c’è un livello
          diffuso di benessere sociale. Se partiamo da questo, mi
          sembra che molti dei ragionamenti che sono impliciti
          nell’insegnamento di don Sturzo li importiamo pari pari
          oggi, qualunque sia l’atteggiamento col quale ci
          accostiamo alle politiche di governo di un sistema
          compresso. Ne cito un altro: conflitto eterno o autonomia ?
          Ma guardate, le situazioni di conflitto sono tutte
          situazioni dalle quali non esistono che teorie per uscire,
          bisognerebbe parlare dando il senso dell’oggi, di
          concertazione, di condivisione dei progetti. Allora io credo
          che il conflitto sia un elemento di disvalore, qualunque
          esso sia all’interno del sistema locale, mentre la
          condivisione dei progetti sia un grande valore. E’ stata
          citata anche la sussidiarietà. E’ un argomento attorno al
          quale si lavora da tempo, sempre più arricchito da
          riflessioni e direi che come è stata qui presentata è
          estremamente attuale. Cerchiamo di tradurlo ancora. La
          sussidiarietà è certamente la necessità di non
          individuare livelli diversi che intervengono sullo stesso
          problema. Ribaltiamo il tutto: si deve essere in grado a
          livello più basso di poter risolvere il problema.
          Ribaltiamo ancora: non hanno ragione d’essere diversi
          livelli di governo ciascuno dei quali ha la stessa
          competenza su una parte del problema. Se è così e se
          devono essere gli elementi di governo locale in grado di
          risolvere i problemi, questi devono essere posti in
          condizioni di essere più vicini agli enti, agli organismi,
          alle persone che esprimono quei problemi, cioè deve esserci
          un federalismo intelligente. Nella 
          breve esperienza di vent’anni invece noi abbiamo
          assistito mediamente alla creazione di livelli di governo
          via via più complessi 
          e giammai ad una soluzione con uno stato più
          leggero, molto più decentrato e molto più vicino alle
          realtà locali. Cioè abbiamo sempre più articolato questo
          sistema rendendo difficile il principio della sussidiarietà,
          ma anche qualunque forma di federalismo. Io credo che uno
          stato leggero, che faccia da arbitro, che definisca le
          regole e poi osservi che quelle regole siano rispettate sia
          un obiettivo condiviso e condivisibile. Allora è chiaro che
          bisogna sfrondare, trasferire ove possibile il più basso
          possibile i livelli di decisione. Concludo. I termini
          complessivamente di don Sturzo sono straordinariamente
          attuali e pongono un arricchimento al dibattito complesso e
          forniscono anche una iniezione di idealità in un mondo
          politico, il mio, che è scarsamente legato a questa. 
           
           
           
          DIBATTITO 
           
          Domanda 
           
          Io
          mi sento cattolica, almeno cerco di esserlo, e mi chiedo
          mentre noi siamo qui che parliamo in teoria di queste cose
          giuste, della partecipazione del cittadino a livello più
          basso, in regione si sta discutendo dei  buoni scuola. Si
          parlava di  don Murialdo che promuoveva la scuola cattolica.
          Adesso io mi chiedo, possibile che i cattolici che sono la
          maggioranza di questa regione non riescano a smuovere questi
          buoni scuola in modo 
          che ci sia uguaglianza tra i ragazzi che vanno alla
          scuola statale e quelli che vanno alla scuola non statale.
          Noi cattolici mentre siamo qui, che cosa facciamo oltre a
          dirci delle buone cose. Perché non possiamo prendere una
          iniziativa questa sera, scrivere al vescovo ed ai vescovi
          del Piemonte che scuotano questi loro rappresentanti,
          perché avranno pure votato qualcuno, 
          vuol dire che se sono di destra stimoleranno quelli
          della destra, se sono di sinistra cosa che assolutamente non
          è improbabile, 
          stimoleranno i loro rappresentanti. Insomma siamo
          cattolici ed è vergognoso che le scuole, questo patrimonio
          che noi abbiamo venga demolito. Un altro problema gravissimo
          che si sta trattando in questo momento è la legge 194, che
          è la  legge sull’aborto. Il governo di destra cerca di
          portare la relazione più corretta tra maternità ed
          infanzia e sembra che il comune di Torino vi possa destinare
          11 miliardi in più, però questi vengono di nuovo dispersi.
          E noi cattolici cosa facciamo, è una cosa che io veramente
          trovo insopportabile, addirittura andare in chiesa farci
          delle belle prediche e non prendere delle iniziative.
          Perché a questo punto i cattolici devono essere
          rivoluzionari perché altrimenti devono per lo meno cambiare
          religione. Sarei contenta che questa sera si prendesse una
          iniziativa pratica, ad esempio che tutti i ragazzi delle
          scuole cattoliche mandassero una lettera al loro vescovo di
          ogni provincia, di ogni diocesi, per chiedergli una
          riparazione rispetto ai ragazzi che vanno alle scuole
          statali. 
           
           
           
          Risposta
          Palladino 
           
          So
          che in sala ci sono alcuni rappresentanti di Comunione e
          Liberazione, della Compagnia delle Opere che ha fatto molto
          in questo senso, ha fatto una raccolta di firme che mi
          sembra sia arrivata a circa un milione, se non sbaglio.
          Questa che è stata portata a Roma un anno fa, ha smosso
          sicuramente il parlamento. Un po’ in tutte le regioni dove
          oggi c’è il governo di centro destra ormai l’argomento
          è di grande attualità e si spera in un provvedimento. Nel
          Lazio e in Lombardia siamo vicini ormai, in Lombardia mi
          sembra che sia 
          già stato attuato. Comunque guardi, io sono il
          teorico dei passi misurati e non precipitosi. Non si può in
          breve tempo scalfire una realtà che per decenni ha visto lo
          stato monopolista.  Sturzo era un teorico della parità
          scolastica, lui ammirava moltissimo la Maria Montessori. Si
          incontrarono a Londra durante il suo esilio, Sturzo
          amareggiato le disse che lei stava girando il mondo mettendo
          su delle scuole con il suo metodo, in tutti i paesi
          praticamente più sviluppati tranne che in Italia, perché
          qui si era sotto il fascismo e la scuola doveva essere di
          stato. Purtroppo poi abbiamo continuato anche dopo il
          fascismo ed oggi siamo arrivati mi sembra all’8 % dei
          ragazzi italiani che vanno in scuole private, non cattoliche
          tra le quali ovviamente queste sono in prevalenza. Sturzo
          faceva notare che l’italiano non sarà pienamente libero
          fin quando ci sarà il monopolio, perché non vi sarà una
          sana concorrenza.
           Lui non voleva eliminare la scuola
          pubblica e diceva che questa avrebbe tratto grandi benefici
          dalla presenza di una forte scuola privata, e a vicenda si
          stimoleranno 
          per migliorarsi.  E ha scritto fior di pagine su
          questo argomento senza essere ascoltato da nessuno, né in
          quel periodo né successivamente. Adesso da qualche anno
          incomincia a sentirsi di nuovo una voce concreta per portare
          avanti questo discorso. Direi che ormai siamo arrivati però
          a stalla quasi vuota, i buoi sono quasi tutti fuori però
          questo non vuol dire che non bisogna riprendere e portare
          avanti il discorso, anche se sappiamo che l’opposizione è
          fortissima, perché queste idee porterebbero quasi un
          attentato allo stato insegnante, cosa che invece non è
          affatto vera. Ripeto il problema è difficile, c’è la
          costituzione in cui è scritta una certa cosa, comunque che
          si può benissimo superare e io sono abbastanza ottimista,
          ci arriveremo. Ripeto lo sforzo è già stato fatto a
          livello individuale, mi riferisco a questo lavoro di
          Comunione e Liberazione che è stato formidabile, hanno
          mosso mezzo mondo affinché Roma sentisse questa voce.
          Quindi io non credo che dalle nostre firme questa sera possa
          arrivare chissà cosa, 
          c’è già un movimento che va verso il buono
          scuola. Poi vedremo, speriamo di essere bravi a dimostrare
          che l’idea è valida, perché poi ci vogliono anche i
          bravi applicatori. Ed io confido che vi siano questi bravi
          operatori poi, che dimostreranno allo stato che il
          provvedimento funziona, che non vi 
          è una spesa sprecata, ma tutt’altro. 
           
           
           
          Domanda 
           
           
          Mi
          interessava avere qualche indicazione 
          relativa agli  spazi che attualmente ha la dottrina
          sociale della chiesa. Stiamo vivendo una rinascita di questi
          temi, ci sono delle speranze concrete che questi temi
          entrino dalla porta principale del dibattito politico e
          diventino terreno di attività e scelte concrete ? 
           
           
           
          Risposta
          Palladino 
           
           
          Ma
          sì nel nostro piccolo, stiamo incidendo in qualcosa.
          Innanzitutto stiamo parlando anche nelle unioni industriali
          dove è importante che certi concetti calino e si capiscano,
          si comprendano e che non vi sia il timore che il sociale
          voglia dire assalto al privato. 
           Quando si parla di Dottrina
          Sociale della Chiesa il privato confindustriale sempre rizza
          le orecchie pensando di essere assalito. Ecco abbiamo fatto
          capire questo che è già importante, cioè che  quando si
          parla di “sociale” nessuno ha il monopolio. Sociale
          siamo noi, è la società, non è il partito rosso bianco o
          verde . Quindi questi concetti cominciano ad entrare e poi
          sopratutto molti si sorprendono che tanti anni fa, vi
          possano essere state menti di fior di professori di
          economia, penso al  Toniolo per esempio che è stato uno
          degli ispiratori di Leone XIII, professore di economia
          all’università di Pisa, se non sbaglio, fino ad arrivare
          a 
          Michael Novak con Giovanni Paolo II per la Centesimus
          Annus.  Michael Novak che è  il più grande economista
          cattolico degli Stati Uniti, ci ha fatto capire
          l’importanza dell’impresa come fattore sociale più che
          economico, e tanti altri personaggi del mondo della cultura
          che sono riusciti a far passare certe idee, innanzitutto in
          Vaticano, sempre con la cartina di tornasole del vangelo,
          perché e ripeto, non ci può essere nulla della Dottrina
          Sociale della Chiesa che possa contrastarlo, quindi tutto si
          rifà al libro base. Nel vangelo ci sono tanti passi di
          economia. Io ho un amico sacerdote,  don Alfio Spampinato che
          ha intenzione di scrivere  l’economia del vangelo o
          l’economia nel vangelo. Perché spesso si pensa al vangelo
          in termini un po’ di aiuto ai poveri, di assistenza, di
          bontà, di carità ed invece c’è un altro vangelo che
          impegna, che stimola alla responsabilità, alla creatività,
          all’iniziativa privata, al fare. Non dimentichiamoci che
          non si può assistere, essere generosi se non si crea a
          monte una ricchezza, che ovviamente non va accumulata come
          oggi fanno gli zar d’Arabia ed i principi Feisal e
          compagni che in cinquant’anni di dollari che sono arrivati
          da quelle parti, hanno preso il 90 % per poi dare le
          briciole al popolo, ma è una ricchezza che stimola altra
          ricchezza.  La Dottrina Sociale della Chiesa non vuole
          affatto stimolare il pigro o assistere la persona che non ha
          alcun diritto ad essere assistita che potrebbe invece far da
          sola e mettersi in moto, ma 
          responsabilizza. Ci sono tanti passi in cui si punta
          alla responsabilizzazione. La stessa  previdenza sociale,
          Sturzo, tramite la dottrina sociale, la vedeva  per i veri
          deboli, mentre stimolava
           la previdenza privata per i liberi
          e forti,  come lui li chiamava. Cioè lui diceva che
           lo stato
          deve essere attento a chi è veramente debole e bisogna
          stimolare la responsabilità personale invece per integrare
          chi può farlo, con una previdenza privata  e tanti altri
          concetti. 
           
           
          Lei dice, ma c’è concretezza in tutto questo?
          C’è possibilità di attuazione? Io penso di si, vedo dei
          segnali, certo che ci vorrà ancora del tempo, ne abbiamo
          perso già tanto in passato ma io penso che il mondo
          diventerà sempre più trasparente sotto questo profilo.
          Ecco, la Dottrina Sociale della Chiesa è un fattore di
          trasparenza, un fattore che stimola all’azione morale
          nell’economia.  Sturzo diceva che l’economia senza etica
          è diseconomia. In pratica il vangelo dice che invano i
          costruttori lavorano se edificano sulla sabbia e la sabbia
          è l’immoralità, il comportamento del furbo, è il
          comportamento di chi pensa di fregare il prossimo, tanto poi
          alla fine se ne esce vincitori. Quindi l’economia in
          prospettiva deve diventare sempre più trasparente e sempre
          più morale anche se questo molti lo ritengono utopistico.
          Ma concludo dicendo che Oscar Wilde scrisse un giorno che le
          utopie sono poi quelle che danno il passo al progresso.
          Cioè cose ritenute utopiche un tempo poi il cervello
          dell’uomo nella sua grandezza, perché noi abbiamo un
          grande cervello proprio come cocreatori, le realizza. Ecco,
          quindi io sono fiducioso, ci vorrà del tempo probabilmente
          moltissimi anni, però il comportamento dell’operatore
          economico sarà sempre più obbediente ad una certa etica
          della responsabilità. 
           
           
          Poi spetta alla responsabilità
          personale, dal buon uso che ne faremo di questo successo, il
          benessere materiale. Può anche essere facile farlo, abbiamo
          visto che molti facilmente lo hanno fatto, altri meno
          facilmente, ma in genere il benessere si realizza se ci si
          impegna. Ma il problema poi è gestirlo questo benessere,
          saperlo gestire per non cadere nel malessere, cioè nel
          cattivo uso del benessere. Ecco questo sarà l’altro
          fattore importantissimo. Noi siamo in una grande fase di
          transizione, veniamo da secoli in cui l’uomo non era
          responsabilizzato perché non era soggetto dell’economia,
          era oggetto e andiamo verso un epoca, un’ era in cui sarà
          sempre più un soggetto e 
          dovrà sempre più essere responsabile se vuole
          gestire bene questa ricchezza. 
           
           
           
          Domanda 
           
           
          Abbiamo
          detto che  la dottrina sociale nasce nei vangeli, a mio
          avviso nasce nella bibbia, anche perché senza la bibbia i
          vangeli non ci sarebbero stati. Poi s’è parlato di tasse,
          ma il problema non è solo delle tasse, è la spesa
          pubblica, perché le tasse 
          possono essere anche il male, per esempio, ma se i
          soldi spesi sono spesi bene, ritornano aumentati delle tasse
          dei cittadini, mentre invece si parla tradizionalmente
          sempre di tasse e non di  controllo della spesa pubblica dove
          ci sono sempre tanti sperperi. Si è detto, mi sembra di
          aver capito, che conflitto è un elemento negativo, per me
          invece è estremamente positivo nel rispetto della dignità
          dell’avversario o del nemico, non disprezziamo il nemico
          che a volte lo si apprezza molto di più dell’amico
          perché la vita non è soltanto un "et et" è anche un
          "aut aut"
          e la socialità ha un valore se c’è una extra socialità,
          non la socialità delle formiche tutti bravi, uguali davanti
          al principe. 
           
           
           
          Risposta
          Palladino 
           
           
          Il
          conflitto nel 1891 era guerra, quindi Leone XIII risponde ad
          un atto di guerra. Qui si parlava di sostituire una classe
          con l’altra, annientare una classe a vantaggio
          dell’altra. Quindi lui reagiva più che al conflitto, alla
          guerra e diceva di mettersi d’accordo. Sturzo credeva nel
          conflitto, conflitto di cui parla lei, conflitto
          costruttivo, tra persone diciamo ragionevoli. Quindi quando
          io parlavo di conflitto mi riferivo più a quello drammatico
          e tragico, quello stupido conflitto di un tempo, cosa che
          oggi per fortuna non vediamo più. I papi hanno avuto delle
          visioni profetiche, io nel leggere le encicliche spesso ho
          detto “ma guarda ha visto in anticipo, qui non c’è
          senno di poi di cui sono piene le fosse, c’è senno di
          prima”. Questo è che a me è piaciuto in tante encicliche
          e da qui il mio dispiacere perché 
          la politica non è riuscita a capire soprattutto in
          Italia, il valore di un patrimonio come quello che ci davano
          questi papi e lo stesso  don Sturzo, il quale è stato un
          bravo operatore nella società. Lui in fin dei conti  negli
          anni ‘50 era contro Mattei non perché costui avesse
          ambizioni di portare l’ENI a battere le sette sorelle e
          quindi a dare all’Italia una certa indipendenza nel
          confronto con queste, ciò 
          sarebbe stata forse un utopia probabilmente, ma
          perché vedeva lo stato impegnato in un settore economico
          dove era meglio invece vedere il conflitto in senso positivo
          tra i concorrenti. Cioè io sono convinto di una cosa, noi
          oggi pagheremmo la benzina molto di meno, come avviene in
          molti altri paesi, se avessimo dato non il monopolio del
          petrolio ad una azienda statale ma se avessimo concesso
          l’apertura del mercato a tutti, in regime di concorrenza
          non di prezzo controllato dallo stato. Perché  lo stato
          monopolista del petrolio e quindi del prezzo, ha fatto il
          comodo suo e spesso ha coperto tante sue spese inutili,
          spese fatte male, con le tasse sulla benzina. Se avessero
          dominato il mercato le aziende private, lo stato ci avrebbe
          pensato due volte, prima di fare certe rapine, perché i
          concorrenti sul mercato avrebbero protestato a voce alta. E
          poi, inoltre  Mattei fu il primo tangentista italiano. Da lì
          partì la pratica del pagamento a destra e a sinistra. E 
          Sturzo vedeva con grande preoccupazione questo ruolo dello
          stato imprenditore. Abbiamo scritto molto su don Sturzo
          rigido su certi principi, perché riteniamo che sia
          importante far capire che in economia certe regole vanno
          rispettate. Due più due fa quattro e non fa cinque, chi
          pensa che faccia cinque poi alla fine avrà tre, come spesso
          accade. Quindi ripeto, Sturzo economista è poco conosciuto,
          Sturzo che conosceva bene i meccanismi dell’economia.
          Pensi che era accusato da La Pira di essere rimbambito.
          “Dagli Stati Uniti è tornato rimbambito” disse La Pira,
          perché Sturzo, secondo lui, andava parlando ancora 
          di principi liberali.  La Pira invece voleva una
          economia sempre più in mano allo stato.  Infatti tra i due 
          vi fu una grossa polemica, 
          tra due santi uomini ovviamente, senza mai scadere,
          una grossa polemica ideale. Ecco tutte cose che oggi
          rilette, fanno capire che occasione perduta, che
          opportunità perduta, è stata quella italiana nel non aver
          seguito certe idee sturziane ed avere invece seguito altre
          idee stataliste espresse da persone in buona fede che
          ritenevano che fosse quello il moderno e non quello che
          andava predicando 
          Sturzo, anche con la sua azione di giornalista. 
           
           
           
          Domanda 
           
           
          E’
          vero noi abbiamo la teologia e l’uso della ragione che
          spiega la fede, la nostra non è la religione islamica che
          è una difesa apologetica….. il corano non si discute.
          C’era  Giulio Andreotti questa estate che presentava un
          libro su  Pio XII  e accennava ad una sua notte tragica,
          passata insonne, prima della conferma della legge 194. Vengo
          alla domanda.  Ma che cos’è la morale cristiana nella vita
          politica, dove c’è il compromesso, il conflitto? 
           
           
           
          Risposta
          Palladino 
           
           
          Sturzo
          diceva che è morale ciò che è razionale, ed è immorale
          ciò che è irrazionale. Ora il problema è che cosa è la
          razionalità.  La razionalità è il seguire la retta
          ragione, ma per molti la retta ragione può essere ad
          esempio fumare hashish, per altri no . Quindi vede, è tutto
          molto sindacabile, è tutto molto personale, però la morale
          cristiana è una, non c’è dubbio. Ci sono dei principi e
          dei valori che non possono essere calpestati. Quindi la
          retta ragione secondo un cristiano è quella legata a questi
          principi. Vi sono 
          tanti esempi in cui possiamo vedere se è retto o non
          è retto quello che si fa. La risposta per un vero cristiano
          per l’hashish è che non è retto . Non è retta ragione
          fumare hashish e così in tanti altri esempi pratici.  La
          morale cristiana è legata a questa frase: <<Io sono
          la via, la verità e la vita>>.  Se crediamo in questa
          magnifica, fantastica frase di Gesù Cristo, dobbiamo
          crederci e dobbiamo capire, leggere meglio il vangelo,
          capire meglio le sue parole che non sono parole di un
          romanziere, non sono fiction e quindi essere un po’ più
          attenti . Io vi dico sinceramente, ogni domenica vado a
          messa con piacere, soprattutto per il vangelo, perché vado
          di nuovo ad istruirmi. Per me il momento del vangelo è il
          momento più importante della messa a parte l’eucaristia
          ovviamente. Ma io ogni domenica mi arricchisco perché
          effettivamente 
          mi abbevero sempre di cose nuove e sempre di una
          validità ed attualità incredibile. Tutte le domeniche
          c’è un riferimento ad un fatto dell’ oggi, pensate, un
          qualcosa detto 2000 anni fa. Quindi la morale cristiana
          esiste e deve esistere anche in politica, per un cristiano.
          Capisco che Andreotti abbia passato la notte insonne. Certo
          per un cristiano quella legge non poteva essere considerata
          razionale, anche se per molte donne è razionale, l’aborto
          è razionale. Per un cristiano è irrazionale, non c’è
          dubbio.  
           
           
           Lei dice la politica è compromesso, Sturzo diceva
          no, 
          la politica non deve essere compromesso perché poi
          si inciampa, prima o poi un compromesso porta a un qualcosa
          di negativo, e prima o poi questo emerge.  Lui combatté
          contro il concordato perché vedeva in questo un grande
          compromesso che prima o poi avrebbe creato dei problemi. Due
          anni dopo, infatti, nel 1931 i problemi sono esplosi:
          attacco all’azione cattolica e altre cose. Sturzo le aveva
          previste ammonendo di 
          stare 
          attenti perché si avrebbe fatto un favore ad un
          regime che non avrebbe rispettato poi il concordato. Certo
          alla fine i compromessi si realizzano, però prima o poi si
          inciampa. Comunque la sua domanda è molto difficile, molto
          acuta, però la nostra coscienza deve rispondere. Ciascuno
          di noi nella sua coscienza ha la risposta, la mia è questa. 
           
           
           
          Domanda 
           
           
          Per
          Sturzo cosa significa sussidiarietà,  parola molto usata
          oggi ma mai spiegata fino in fondo. Chi sussidiario a che
          cosa, voglio dire o è lo stato che è sussidiario al
          bisogno di qualcuno, il popolo, o è qualcuno del popolo che
          fa volontariato che è sussidiario ad una legge dello stato. 
           
           
           
          Risposta
          Palladino 
           
           
          Sturzo
          era un paladino della responsabilità personale. Lui diceva
          che se vogliamo innanzitutto creare progresso nella società
          ci deve essere un impegno personale, ci deve essere uno
          sforzo personale. Prima i doveri e poi i diritti. Noi
          diciamo sempre, diritti e doveri quasi in ordine alfabetico.
          Sturzo diceva prima i doveri, quindi ci responsabilizziamo e
          poi maturiamo i diritti. Allora sussidiarietà innanzitutto
          in noi stessi, cioè cerchiamo di costruire in noi stessi la
          forza necessaria per essere quanto più responsabili ed
          indipendenti, liberi e forti. Tutto ciò che deve fare chi
          è sopra di noi, lo deve fare perché obbiettivamente noi
          nel nostro piccolo non possiamo arrivare a certi livelli.
          Come sindaco lui ha dato la dimostrazione. In quindici anni
          come sindaco di Caltagirone ha creato un oasi di sviluppo in
          quel paese, applicando molto il principio della
          responsabilità personale. Faceva osservare che il comune si
          chiama così perché è di tutti e 
          non è di cinque famiglie. Però poi bisognava come
          cittadini, responsabilizzarsi e impegnarsi per dimostrare
          che effettivamente il comune era di tutti. Quindi
          sussidiarietà innanzitutto intesa come prima di tutto
          “dobbiamo essere noi a 
          impegnarci personalmente”. 
           
           
           
          Domanda 
           
           
          Si
          è parlato dello stato come arbitro, che non interviene
          nell’economia, però nella storia e parlo della crisi del
          ‘29, pare che si sia reso necessario un intervento dello
          stato in economia. 
           
           
           
          Risposta
          Palladino 
           
           
          Sturzo
          ammetteva come Leone XIII, un intervento temporaneo dello
          stato, in
           momenti di difficoltà. Oggi
           Bush passa da un
          bilancio strepitoso in surplus a un disavanzo che ci sarà
          tra pochi mesi. Intelligentemente sta usando lo stato in un
          ruolo molto più attivo, ma non nel senso che fa i panettoni
          e la benzina ed altre cose. Ma di  uno stato che aiuta il
          settore privato ad uscire da una crisi che è fortissima in
          questo momento.
           Come ? Riducendo le imposte, stimolando gli
          incentivi fiscali, gli investimenti e così via. Incassando
          meno e spendendo di più ed in una maniera intelligente.
          Quindi nel ‘29 vi fu una crisi del capitalismo eccessivo
          come lo chiamava Sturzo, cioè del capitalismo dei pochi,
          del capitalismo speculativo, di quello che pensa che i soldi
          possono farsi con i soldi e quindi di arricchirsi senza
          produrre nulla ma semplicemente speculando su valori di
          borsa. Dei pochi, perché mi ricordo che nel ‘29 su 140
          milioni di abitanti degli Stati Uniti solo un milione erano
          azionisti. I 139 milioni restanti non avevano i risparmi
          necessari per partecipare. L’economia americana nel ‘29
          era una piccola economia, si era all’alba dello sviluppo.
          Lo stato poi con Roosevelt, diede la svolta e dal ‘33 in
          poi cominciò a diventare 
          più interventista. Ma, appena avviata la macchina lo
          stato ne usciva fuori. Quindi Sturzo ammetteva questo
          intervento. Sturzo infatti, fu nominato da De Gasperi
          presidente di una commissione per dare l’avvio alla cassa
          del mezzogiorno. Egli ammetteva quindi che lo stato italiano
          facesse questi interventi, però non voleva una cassa del
          mezzogiorno eterna. Pensava giusto che vi fosse solo un
          avvio, ma che poi vi fosse il settore privato ad entrare in
          piena attività ed a seguire le regole del mercato. 
           
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