La crescita distorta. L'economia non può prescindere dagli ideali e dai successi della tradizione.
Italia, la ricchezza sono i valori
di Giorgio
Vittadini
Il Sole 24 Ore,
venerdì 31 ottobre 2008
Nell’attuale crisi di origine finanziaria il dibattito rischia
di fermarsi a livello economico, mentre molti elementi inducono
a pensare che sono in gioco questioni cruciali per gli stessi
valori alla base della convivenza. Infatti molti degli errori
che stanno alla radice di questa crisi nascono da una
distorsione del rapporto tra uomo e realtà.
Si è pensato che la finanza potesse generare valore e ricchezza
prescindendo da un loro corrispettivo reale legato a un valore
d’uso di beni e servizi che solo può generare il loro valore di
scambio non drogato. Si è ritenuto che i finanzieri, quasi nuovi
alchimisti, potessero rispondere magicamente al pur giusto
desiderio di migliorare le condizioni di vita di larghi strati
della popolazione (es. mutui per case, credito al consumo)
superando il limite imposto dalla realtà e dalla effettiva
capacità personale e familiare di generare reddito, in grado di
restituire prestiti ricevuti.
Si è concepito uno sviluppo che potesse prescindere
dall’equilibrio tra tutti i fattori della personalità del
singolo e dell’umanità nel suo complesso, dalla necessità di
preservare e incrementare i suoi legami religiosi, familiari,
sociali e di rispettare l’ambiente in cui si vive.
Si sono considerati ininfluenti i valori umani per la vita
economica, per scoprire oggi che la conseguenza più grave della
crisi finanziaria è una perdita generalizzata di fiducia
(etimologicamente anche alla radice del “dar credito” in senso
economico), fondamentale non solo per la vita personale, ma
anche per l’economia reale, per la possibilità di investire,
consumare, perfino fare transazioni economiche e finanziarie e
per i rapporti fra stati.
Già dieci anni fa, nell’aprile del 1998, don Giussani scriveva
su un quotidiano nazionale che «l’unico dio reale nella società
di oggi è il soldo. Eppure tutto il potere in atto, nella sua
impotenza, sembra tante volte non offrire neanche un accenno di
speranza per il popolo. Così che gli uomini, quando guardano
l’orizzonte, e anche il cielo, debbono accusare paura. E anche i
più saggi del mondo, coloro che passano per ispiratori della
verità dell’uomo e del benessere del popolo, i guru, non sanno
che fare».
La risposta a questa crisi non può limitarsi quindi alle pur
sacrosante misure per rilanciare l’economia, ad una fiducia
fideistica nella capacità di autoregolamentazione del mercato o
al rilancio di un intervento statale che, se fatto senza
criterio, incrementerà quello statalismo già tanto pernicioso
verso la capacità di iniziativa e di aggregazione sussidiaria
degli uomini.
Mentre si ricercano nuovi e più adeguati modelli economici,
occorre ascoltare il monito contenuto nel discorso che il papa
ha rivolto al mondo della cultura a Parigi, secondo cui
l’economia non può prescindere dai valori fondamentali dell’uomo
nella sua integralità. Un duraturo ed equilibrato sviluppo
economico può nascere solo dal desiderio di verità, giustizia,
bellezza, che alberga nel cuore dell’uomo e che neanche la
corruzione del suo limite e del suo peccato possono distruggere.
Questo desiderio, educato per secoli nell’esperienza della
Chiesa, coltivato in realtà sociali e popolari ad alto connotato
ideale, socialista o liberale, ha generato nel nostro Paese un
mondo di piccole, medie e grandi imprese, attente a innovazione
e progresso, uno sviluppo attento a carità e solidarietà, una
miriade di famiglie e realtà sociali capaci di farsi carico di
molti bisogni personali e collettivi, una democrazia ad alto
tasso di partecipazione, un sistema in cui la salute è
statisticamente tutelata come in pochi altri punti nel mondo.
Per anni si è pensato che questo portato religioso o ideale in
ambito economico e sociale fosse il passato: ma il degrado, già
presente nel nostro Paese anche prima della crisi economica,
dipende invece dall’abbandono di questa esperienza ideale,
personale e sociale. Oggi questa è invece la nostra grande
risorsa per ripartire di fronte alla crisi, con rinnovata
fiducia e speranza.
(Italia, la ricchezza sono i valori, di Giorgio Vittadini, Il Sole 24 Ore, venerdì 31 ottobre 2008)