Mina

263. L’APPELLO DI CIAMPI

Largo ai giovani e alle loro speranze
 

 

Mina

L’APPELLO DI CIAMPI / Largo ai giovani e alle loro speranze
Magari, Presidente! Da cinquanta anni sento gli spettacolari inviti alla fiducia nei giovani. E nel frattempo ex-giovani e neo-vecchi si sono mischiati senza quasi più riconoscersi. La demografia, imperterrita, ha cambiato i propri connotati. Vita media, età media della popolazione, aspettativa di vita aumentano. E noi, in questo periodo, stiamo sprecando tempo a dibattere di esistenze crioprotette, con età inferiore a zero, con fantaproposte di utilità ipotetiche. Nei suoi occhi sinceri e saggi intravedo una raccomandazione leale, la stessa che in tante occasioni aveva espresso il precedente Papa.

Oggi ancora fingiamo di non sapere a chi si possa affidare il futuro e perseveriamo un po’ troppo nell’equivoco demagogico della speranza nelle nuove leve. Eppure avremmo l’occasione storica di modificare i termini del problema. Sarebbe semplice imporre per legge il parametro del tempo per le responsabilità. Non può essere eterno, nella sua malinconia, nella sua staticità, nella sua inadeguatezza di vocabolario. Dovrebbero andare al macero le carriere perenni, i mandati pressoché divini, le dirigenze inconfutabili e tutto il Bostik burocratico che istituzionalmente è spalmato sulle poltrone. La classe accademica, per esempio, soltanto se obbligatoriamente ringiovanita, potrebbe esprimere novità nell’essere fulcro del motore di un popolo, attraverso la produzione di conoscenza, l’innovazione, la formazione dei successori.
Grande, convinta ed estremista estimatrice dei cosiddetti vecchi, certamente non li lascerei languire nelle sabbie mobili del pensionamento, tutt’altro che assicurato, ma ne indicherei piuttosto l’impegno retribuito nella maestosa funzione della tutorship e della mentorship, attualmente solo paroloni da esibire nell’elenco degli obblighi dei leader.

I giovani non si fanno largo perché, molto banalmente, non c’è posto. Basta con gli «avvinti come l’edera». Altrimenti «le potenzialità delle nuove generazioni», quelle che fanno dire al Presidente che in loro si può trovare «speranza, anzi certezza», cederanno, come sempre, di fronte al torpore, alle dispute, al mugugno.

Penso alle aule scolastiche che tra pochi giorni si svuoteranno. E alle caterve di parole che lì si pronunciano. Quante di queste aprono alla ricerca, alla domanda, allo stupore dei sogni che chiedono di tradursi in realtà? Chiudendo il registro, l’ultimo giorno di scuola, mi piacerebbe che qualche docente ripetesse ciò che disse il precettore di Carlo V alla fine del suo compito: «Sire, non dimenticate mai gli ideali della vostra giovinezza!».
 

 

Secondo me: «263. L’APPELLO DI CIAMPI / Largo ai giovani e alle loro speranze» - di Mina, La Stampa, Sabato 4 Giugno 2005
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