Mina

220. Genitori inglesi:

PARLARE È MEGLIO CHE PUNIRE
 

 

di Mina


Quando lo Stato diventa ipertrofico, la sua corpulenza giganteggia minacciosa. Quasi come un epigono dell'ennesimo Alien da cinema di fantascienza. Il ventre si imbottisce di commi e le enormi braccia, disegnate sui parametri dei codici penali, tentano di abbracciare i minimi dettagli della privata esistenza. Gli occhi diventano più torvi e penetrano in tutti gli ambiti della vita, soprattutto dentro le mura domestiche.

Stava quasi per farcela, l'altro giorno, lo Stato massimo, il Moloch controlla-persone. In Inghilterra i suoi devoti emissari, sempre nobili nelle intenzioni e armati di zelo non richiesto, volevano mettere fine al principio della responsabilità educativa dei genitori, che può arrivare anche al ricorso a qualche scappellotto nei confronti dei figli. La Camera dei Lord risuonava di accese discussioni. A chi reclamava l'abolizione del diritto allo schiaffo, qualcuno rispondeva che non è possibile ficcare il naso fin dentro le pareti di casa. Uno Stato liberale non può controllare la pelle di tutti i bambini per individuare gli eventuali lividucci da cui far scattare rapporti di assistenti sociali e imbastire processi e sentenze contro i genitori. Da qui la proposta di mantenere il diritto dei genitori entro i limiti della "punizione ragionevole".

Per tutta risposta, i rappresentanti della Camera si sono cimentati in disquisizioni, per nulla affatto consone allo spirito pragmatico inglese e più simili alla "forma mentis" dei legulei filobizantini. Fiumi di parole per precisare meglio il significato di "ragionevole" relativamente alle punizioni corporali. Probabilmente la lingua albionica non presenta la ricchezza sinonimica del bellissimo italiano. In questo caso, forse, è meglio così. Perché non voglio immaginare con quali argomenti e dettagliate descrizioni avrebbero saputo individuare le differenze tra un generico "colpo fisico" e i più complessi ceffoni, schiaffi, percosse, botte, manrovesci, manate, scapaccioni, scappellotti, sventole, sberle, cazzotti, bacchettate, sculacciate, ovviamente con tutte le gradazioni offerte dagli aggettivi che esprimono minore o maggiore intensità. Alla fine hanno deciso di rendere più severa l'interpretazione dell'attuale definizione di "punizione ragionevole". Purtroppo non so intuire che cosa ciò significhi in concreto.

Meglio lasciar perdere, signori Lords. E fidarsi di più dei genitori, della loro capacità educativa e del sacrosanto rispetto che, di solito, sanno esercitare nei confronti dei loro figli. Un'evoluzione in tal senso sembra già in atto. Anche nelle scuole si preferisce ormai un castigo che abbia lo scopo di far comprendere al ragazzo in che cosa ha sbagliato. Se qualcuno danneggia gravemente un banco, ad esempio, lo si fa stare a scuola al pomeriggio per ridipingere un'aula o per pulire i corridoi.

E poi, per fortuna, abbiamo la parola, la capacità di spiegare e di convincere. La parola, che è madre del pensiero e balsamo per le anime ancora piccole.
 

 

Secondo me: «220. Genitori inglesi: PARLARE È MEGLIO CHE PUNIRE» - di Mina, La Stampa, 10 Luglio 2004
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