Mina

219. Il divieto di Treviso:

UNA VITA DA CANI PER COLPA DELL'UOMO
 

 

di Mina


Non dico che si debba arrivare a escamotage estremi, peraltro molto fantasiosi e divertenti, come quello a cui è ricorso il mio amico Luigi che, per il timore di ammazzare le formiche camminando sul prato di casa sua, si è fatto costruire delle calzature tipo quelle usate dalle geishe giapponesi. Praticamente sono fatte come una specie di ponte stilizzato, in modo che il contatto con la terra si riduce a due legnetti sottili. "Così sono sicuro che ammazzo meno formiche". E non è uno che ami in modo particolare gli animali. Ma rispetta la vita, che Dio lo benedica.

Contrariamente a quanto diceva Konrad Lorenz: "Non c'è patto che non sia stato rotto, non c'è fedeltà che non sia stata tradita, fuorché quella di un cane veramente fedele", ci risiamo con le genialate che coinvolgono i nostri amici più fedeli, forse gli unici. Il prode sindaco di Treviso, infatti, ne ha escogitata una bella. Molti si erano lamentati per il "mancato recupero delle deiezioni canine". E allora che si fa? Per sei mesi si vieta ai proprietari di cani di accedere al centro storico della città. E con mano pesante si minacciano multe fino a 516 euro.

Il messaggio che arriva da Treviso suona un po' come dire: saranno anche i migliori amici dell'uomo, ma è meglio tenerli alla larga dal centro. I cani. Che si trovano ad essere esclusi non per una colpa, ma a motivo della maleducazione sociale dei padroni. Contro la quale, qualche anno fa, a Santa Cruz de Tenerife si è trovata una soluzione diversa. Il Comune ha prodotto uno spot per la tv, dove per mezzo minuto si mostra una carrellata di cacche di varie fogge e colori, su cui campeggiano in sovraimpressione i nomi dei proprietari. E alla fine arriva una voce fuori campo: "Chi insudicia veramente le strade? Il tuo cane, o tu che glielo permetti?". E un monito di così elementare buon senso, per cercare di far sussultare la coscienza civile dei proprietari di cani, non poteva che arrivare dalle Canarie che nel nome stesso, coniato dallo studioso latino Plinio, rendono omaggio ai cani selvatici che 2000 anni fa giravano liberi per quelle isole.

Un'altra strada è stata percorsa a Pechino, nel periodo in cui voleva ottenere la sede per le Olimpiadi del 2008. Per evitare di far "inciampare" i commissari del CIO nelle cacche canine, il sindaco ha ristretto la possibilità di passeggio solo tra le 20 e le 6 e ha imposto una licenza di possesso pari alla metà del reddito medio annuo, sulla linea di Mao che bollava il tenere un cane come un'attività borghese e controrivoluzionaria.

Forse non riusciremo mai ad insegnare ai cani a controllare le loro pulsioni peristaltiche. E così, quando osservo attentamente le loro abitudini, mi tocca concludere che l'uomo è un animale più evoluto. Ma quando osservo le strane e incivili abitudini dell'uomo, confesso che resto dubbiosa.
 

 

Secondo me: «219. Il divieto di Treviso: UNA VITA DA CANI PER COLPA DELL'UOMO» - di Mina, La Stampa, 3 Luglio 2004
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