Società

Sindaci e accattonaggio:

L'elemosina del buon senso
 

 

   di Mina



  Verso la fine della primavera, quando terminavano le scuole, appena prima che si partisse per le vacanze, un omino né giovane né vecchio, un pochino male in arnese, saliva dalla scala di servizio e suonava alla porta della cucina. Quella volta andai io ad aprire. Cercava mia madre: “Signora, visto che voi partite e che starete via per tre mesi, ho pensato di venire a prendere la mia elemosina per tutto il periodo della vostra assenza”.


Mia madre, sorridendo, dopo avergli dato quello che chiedeva, mi spiegò che Emilio, così si chiamava l’omino, veniva da anni una volta alla settimana. Ma prima dell’estate anche lei, mia madre, trovava giusto non fargli mancare quell’aiuto che “era una buona abitudine e faceva più bene a lei che a lui”.


Era già una specie di organizzazione dell’elemosina. Fatta, però, con grande dignità, in un rapporto diretto fra questuante e benefattore. Ma la dignità che Emilio aveva, pur nascosta dentro i suoi abiti dimessi, non la si può insegnare. Tanto meno imporre attraverso strumenti burocratici o ordinanze comunali. Come è avvenuto in questi giorni a Vicenza, dove il sindaco Enrico Hüllweck ha disposto che i mendicanti non debbano mostrare “deformità ributtanti”, devono stare ad almeno 200 metri di distanza uno dall’altro e lasciare almeno un metro per il passaggio dei pedoni. Le sanzioni previste per i trasgressori sono pesanti e vanno da 25 a 500 euro.


Ma la realtà non cambia per il semplice fatto che qualcuno fa calare dall’alto la perentorietà di un ordine. La povertà che è costretta all’accattonaggio viene ridotta a questione estetica, visto che si vieta “la mendicità invasiva ovvero aggravata mostrando nudità, piaghe, amputazioni o deformità ributtanti o nella quale si faccia impiego di mezzi fraudolenti per destare l’altrui pietà o si assumano posizioni tali da suscitare disagio nei passanti”. Stranamente nell’ordinanza il sindaco non ha predisposto l’apertura di un beauty-center appositamente destinato ai mendicanti, al quale rivolgersi per rifarsi un po’ il look prima di sedersi sui marciapiedi del centro di Vicenza. Sarebbe stata un’ottima operazione di maquillage per prevenire il disagio provocato alle sciure vicentine dalla vista sgradita di qualche inestetismo accattonico. E me li vedo già i vigili di Vicenza, poveretti, che con tanto di metro si mettono a misurare l’esatta distanza tra un mendicante e l’altro, seguendo l’esempio del loro illustre concittadino Palladio, che di proporzioni e di razionalità dello spazio fu immenso maestro.


Mi si dirà, come dice il sindaco, che il provvedimento mira a bloccare i professionisti dell’accattonaggio, quelli che “nei giorni di mercato arrivano da fuori città sulle loro belle macchine” e se ne stanno tutto il giorno a chiedere soldi. Ma distinguere tra chi agisce per stato di necessità e chi sfrutta la buona fede altrui non è impresa semplice. E non saranno certo gli “editti” a risolvere il problema sociale della povertà.


Qualche detrattore del sindaco Hüllweck ha parlato di “tuffo nel Medio Evo”. Ma, a dir la verità, per i poveri nel Medio Evo si costruivano “spedali”. A Beaune, in Borgogna, si può ancora ammirare l’Hôtel-Dieu, dove i più sfortunati ricevevano assistenze e cure. Madre Teresa ha fatto la stessa cosa fino all’ultimo momento della sua esistenza.


Ai sindaci non si può chiedere la santità. Ma il buon senso sì.
 

 

Società: «Sindaci e accattonaggio: L'elemosina del buon senso» - di Mina, La Stampa, Sabato 6 settembre 2003

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