Società

Il neoproibizionismo:

Per favore lasciatemi fumare in pace
 

 

di Mina



Basta! Abbiamo capito, grazie. Ma adesso, per favore, basta col terrorismo contro il fumo. Altrimenti saremo costretti a fare come lo scrittore statunitense David Sedaris che dall’America si è trasferito a Parigi per “poter fumare in pace”. Come lo capisco!
I figli mi relegano in terrazza. Tutti mi dicono: “Ma la voce?”. E anche se io rispondo che non devo cantare la “Carmen”, ma soltanto canzonette, e che le sigarette non influiscono per niente, pare che nessuno ci creda. Per non parlare di quelli che ti lasciano il messaggio in segreteria che i tuoi vestiti sanno di fumo, quando non è vero. Bisogna venire vicino, molto vicino per assaporare il buon profumino di un alito da fumatore. Che schifo. Sì, avete ragione.


Il fumo non fa male, fa malissimo. E io sono la prima a dire di non iniziare. E di smetterla, se ce la fate, con questa pericolosa abitudine. Però mi viene in mente Marotta, che diceva che non si può fumare al buio, perché il fumo lo devi vedere. Che delizia.
E poi questo neoproibizionismo va a finire che, inevitabilmente, ti porta ad aumentare l’amato gesto di accendere una amata, consigliera, mortale sigaretta. I tremendi e viziosi fumatori, che oggi sono marchiati come untori autoavvelenantisi e avvelenatori, sanno benissimo a che cosa vanno incontro. Ce l’avete scritto sui pacchetti, lo ripetono dieci volte i telecronisti, quando le telecamere si soffermano su Cuper e Lippi, nervosamente aggrappati al mistico tabacco, lo cantilenano ai puponi, fin da quando varcano la soglia della prima elementare, e ricantilenano la filastrocca fino a far diventare noiosamente indigesti i “corsi sulla prevenzione dei danni da tabagismo”.


Sembra ormai che lo Stato, per dimostrare che ci vuole tanto bene, debba bombardarci con ammonimenti sui pericoli che si annidano in tutto, dalla carne gonfiata con estrogeni, agli starnuti dei cinesi, alle radiazioni dei telefonini, ai cibi transgenici, ai policlorobifenoli o ai biossidi di azoto-cloro-carbonio, ai lecca-lecca rossi piuttosto che gialli. Abbiamo capito, grazie! Temo però che la china non si arresterà facilmente. Lo Stato-balia, che ci informa ad ogni istante che al di là delle sue amorevoli braccia c’è un mondo fatto di lupi e di tentacoli mortali, arriverà a dirci: “Oggi non puoi mangiare l’hamburger, perché sei già oltre il tuo livello consentito di colesterolo”. Si arriverà a regolamentare anche il consumo lecito di patatine fritte?


Negli Stati Uniti, dove sanno inventare campagne pubblicitarie meglio di noi, e dove, se si vuol fare una guerra, la sanno, purtroppo, fare senza mezzi termini, il fumo è proibito praticamente dappertutto. Ma nelle loro pubblicità hanno evitato il tono terroristico e l’esposizione di polmoni incatramati. Hanno scelto l’ironia e la leggerezza, che sanno creare maggiore consenso. Scherzando sul cowboy un po’ sfiatato a causa dell’enfisema o sull’ex-fumatore ottantenne, felice perché si sente ancora macho.


Meglio puntare, quindi, su un convincimento non forzoso, piuttosto che su leggi talebane e divieti assoluti. Sì, perché con le leggi in vigore ai nostri giorni, Churchill non sarebbe potuto salire su un aereo. Hitler sì.
 

 

Società: «Il neoproibizionismo. Per favore lasciatemi fumare in pace» - di Mina, La Stampa, Sabato 24 maggio 2003

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