Società

Non serve la commissione:

L'inutile guerra del tricolore
 

 

di Mina


State scherzando? Ci mancava proprio una commissione di esperti per garantire i colori della bandiera, per identificarli con precisione assoluta, tanto da non confonderli con quelli di nessun’altra nazione. By the way, vorrei sapere chi sono e quanti sono i membri della commissione e quanto è il loro compenso per questo fondamentale lavoro di concetto. Mentre perderanno del tempo e un po’ di soldi, con strepitoso accanimento, quante energie sprecheranno al nobile scopo in Irlanda, Ungheria, Messico, Madagascar, Iran, Costa d’Avorio, Bulgaria, Tagikistan?


Nelle scuole elementari degli anni ‘40 e ‘50, ci insegnavano questa definizione: bianco come la neve delle Alpi, rosso come il sangue dei caduti per la patria, verde come le nostre valli. La definizione mi sembrava del tutto sufficiente, nei suoi richiami storico-geografici, pur se lievemente carente di peculiare italianità. Credevo che non ci fosse bisogno di ulteriori specificazioni per individuare con certezza gagliardetti da scambiare prima di un incontro internazionale di curling. Evidentemente mi sbagliavo.


Prima arriva una sollecitazione da parte dell’Unione Europea a fornire parametri cromatici più precisi, poi esce la circolare che definisce i nuovi colori italiani. Infine il nuovo tricolore viene esposto a Montecitorio e così scoppia la guerra. Una vera e propria guerra in nome di una bandiera, con tanto di schioppettate verbali, di cannonate polemiche al grido di “è un golpe cromatico!”, di petardi dialettici all’insegna di “aridatece er vecchio tricolore!”. Al che la Presidenza del Consiglio ammette lo sbaglio, addossando la colpa ad un errore tecnico da parte dei fornitori. E, come soluzione ultima, l’istituzione della commissione per stabilire le vere tonalità dell’italico vessillo.


Non ne sentivamo l’esigenza, poiché esistono dei colori importanti italiani, esclusivamente italiani. Quelli che si distinguono nel mondo e per i quali anche i popoli con bandiera somigliante non possono vantare altro che invidia. Un piccolo elenchino: il “rosso corsa” Ferrari, il rosso Valentino, il rosso pompeiano, il rosso del Rosso di Montepulciano.


Sarà inelegante, ma confesso che mi sbudello dalle risate. Risate amare, all’idea che le parcelle degli esperti saranno floride. È vero che un piatto di minestra calda non si nega a nessuno, ma di questo passo avremo la commissione per determinare il grado di eburneità della vera mozzarella di bufala, il livello di rossezza dell’autentico sugo di pomodoro e la reale gradazione verdognola della foglia di rucola. Ne avremo per i prossimi trent’anni. Con tanti auguri di buon lavoro alle alacri commissioni.


Sarebbe bastato comprare una sonda colorimetrica, che costa meno di una commissione, non strilla e soprattutto fa il suo onesto lavoro. Ma tant’è. E quando le bandiere esposte all’aria aperta si scoloriranno, chi deciderà che andranno sostituite con altre dai colori doc?


L’importanza pratica o etica di questo usuale teatrino dell’inutilità è uguale a zero. Quindi, anche se i membri della commissione saranno dei daltonici, potete stare tranquilli: non succederà nulla di nulla. L’importante è che garantiscano che, di sicuro, in corretta lingua italiana, inconfondibilmente la bandiera garrisce. E basta.
 

 

Società: «Non serve la commissione: L'inutile guerra del tricolore» - di Mina, La Stampa, Sabato 3 maggio 2003

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