Società

Voler bene a un robot

Mina



Ci dovremo affezionare anche ai robot. A quelli che, in epoche non futurissime, invaderanno le nostre case sostituendosi alle tate e alle colf. A quelli che solleveranno pesi, porteranno vassoi, si muoveranno negli appartamenti senza inciampare nei tappeti o contro gli spigoli dei tavoli. E per una come me, che si affeziona anche alle scatole vuote di Kleenex, sarà un bel match. Ne comprerò un piccolo plotoncino. Alla robottina che farà le pulizie in casa e in giardino farò indossare una gonnellina plissettata e una cuffietta con pizzi e nastrini. Per quello incaricato di vigilare sulle luci, di accendere le candele, di aprire le finestre per cambiare l'aria, ho predisposto una palandrana talare con cotta stile chierichetto.


Quello che aprirà la porta e introdurrà gli ospiti avrà un bolerino da spagnolo e quello che starà in cucina, condannato a sbucciare patate, sarà comunque incoronato da una biondissima parrucca stile Platinette. E a Natale, senza distinzioni di sorta, sferruzzerò per tutti dei guantini di lana.


Ma se questo sarà lo scenario domestico della mia vecchiaia, già da ora i robot stanno conquistando ruoli significativi nelle più varie attività. Dopo il grande successo di Aibo, il cane-robot inventato dalla Sony, è la volta di Asimo, il robot della Honda alto un metro e 20 cm, che è già stato assunto come cicerone nel Museo scientifico del futuro di Tokyo. Ha svolto il suo tirocinio di tre mesi e in questi giorni ha iniziato a fare tutto da solo, per uno stipendio annuo di 170.000 euro, più la razione giornaliera di fabbisogno elettrico.


Già si prevedono altri impieghi come portiere alla reception di alberghi e soprattutto come assistente a persone disabili e ad anziani. Sembrano davvero arcaismi da preistoria i computer invasivi sullo stile di Hal 9000 di «2001, Odissea nello spazio» o i vari «Deep blue» che sfidavano Kasparov in memorabili partite di scacchi. Dovremo sempre più abituarci a ripetere le parole che il replicante Roy pronunciava nel finale di «Blade runner»:
«Io ne ho viste cose che voi umani non potreste immaginarvi. Navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione... e ho visto i raggi B balenare nel buio vicino alle porte di Tannhauser. E tutti quei momenti andranno perduti nel tempo come lacrime nella pioggia. È tempo di morire».


Non so. Forse potrebbe anche essere l'occasione per ricominciare tutto da capo. Non abbiamo ancora imparato a convivere con gli altri uomini, con quelli che hanno la sventura di avere un altro colore della pelle o un altro credo. Non abbiamo ancora imparato ad essere uomini, che già ci dobbiamo abituare a convivere con gli umanoidi. Potrebbe sembrare un cedimento, un abbassarsi ad un livello inferiore. Ma di fronte al primo comprensibile sconcerto di condividere il nostro spazio con un altro essere a suo modo vivente, certamente più civile di noi, sarebbe inevitabile sentire il bisogno di ripartire dal progetto di una umanità diversa. Perché la nostra si è rivelata insufficiente.

Mina, La Stampa,  6 aprile 2002

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