Società

La Playstation 2:
Vivere dentro un videogame

 

Mina



Il Paese dei balocchi esige strumenti di divertimento sempre più raffinati. La generazione dei Peter Pan in giacca e cravatta reclama nuovi sollazzi con cui trastullare la noia della vita reale. Per questo viene salutato come un evento salvifico lo sbarco in Italia della nuova versione della Playstation: un concentrato di macchina da videogames, ma anche un lettore dvd (quell'affare, per intenderci, che sta sostituendo le videocassette) e di cd audio, un collegamento ad Internet e tanti altri ammennicoli multimediali.


La Sony ha scelto con acume il momento opportuno per il lancio. Alle porte del Natale la Playstation 2 si preannuncia come l'oggetto di culto da mettere sotto l'albero. Oltre all'accumulo di molti strumenti multimediali, la rivoluzione consiste in una grafica strabiliante e travolgente, con colori e sfumature simili a quelli di un film. Con disarmante semplicità si accende la tv, si schiaffa un cd e si è subito catapultati in un'altra dimensione, dove un vortice risucchia la mente e gli istinti più primordiali. Nella sfida a se stessi le ore non si contano più, mentre il gorgo delle immagini disegna percorsi virtuali tipici di un film d'azione, catastrofi simulate, o finti esorcismi da fine millennio. Niente più di un gioco, si potrebbe dire. Solo un passatempo, un po' più evoluto nella scala della perfezione grafica. Ma l'effetto di coinvolgimento è totale. E non solo nel momento in cui si brandisce il joystick. Ne sono prova gli scambi di cd per la Playstation, che negli atri delle scuole sono un sotterraneo diversivo ai dialoghi che si inanellano sulle imprese dei nuovi eroi virtuali del «Grande Fratello».


Anche un'indagine pubblicata su una rivistina di culto per le teen-ager, documenta che ogni giorno le ragazze trascorrono in media 41 minuti al telefonino o a spedire messaggini, 57 giocando a Playstation, 90 davanti alla tv, e solo un'ora è dedicata allo studio o alla lettura. Non è il caso di esagerare con anatemi terroristici, come quando si sostiene che la piaga delle armi, portate in classe dai giovanissimi americani a far bella mostra di sé, o la violenza minorile di casa nostra sono la drammatica conseguenza del fatto che i ragazzini alla fine si stufano di competere solo con la Playstation.


La radice del problema sta tutta e solo nella virtualità. Quella selva di byte e di microchip, che eleva il suo paravento costruendo un mondo irreale, veloce e colorato, rischia alla lunga di esercitare un fascino ben più coinvolgente di tutta la realtà. E
quando si esce dal dominio del virtuale, si è più deboli nell'affrontare la vita.


Pasolini si scagliava contro la televisione, colpevole di propagandare un modello di vita edonistico e funzionale al Potere. Ma almeno quello strumento faceva passare dei contenuti.
Ora si comunica il nulla, la pura evasione, l'estremo risucchio nell'adrenalina. E allora non stupiamoci degli esiti estremi di questa deriva, come, ad esempio, le castronerie di Salvo, sempre del «Grande Fratello», che attribuisce «Il cavallo furioso» a Ludovico Arostio o sostiene che l'ispiratrice di Dante si chiama Barbara.

Mina, La Stampa,  18 maggio 2002s