Meditazioni

E noi che cosa dobbiamo fare?

di Vincenzo La Gamba

 

DOMENICA 16 Dicembre, 2018 - Terza di Avvento

La nostra Madre Chiesa celebra oggi il "Gaudete" che significa il giorno del "rallegramento. Lo afferma San Paolo nella Seconda Lettura: "Rallegratevi sempre nel Signore; ve lo ripeto: rallegratevi."

 

Ed è giusto che sia così: è il giorno della gioia in preparazione del più grande mistero che sta per verificarsi: l'incarnazione di Nostro Signore Gesù Cristo.

 

Nella Prima Lettura, il profeta Sofonia nota: "Gioisci, figlia di Sion, esulta Israele, e rallegrati con tutto il cuore, figlia di Gerusalemme".

 

Nel cantico responsoriale questo straordinario vocabolo della gioia si arricchisce di altri termini: "Mia forza e mio canto è il Signore. Egli è stato la mia salvezza. Attingerete acqua con gioia alle sorgenti della salvezza ... gridate giulivi ed esultate, abitanti di Sion (Isaia 12,2-3, 3.6)."

 

Soffermiamoci su questi termini e ricordiamoci della poesia di Giacomo Leopardi, la famosa "Il sabato del villaggio", in cui egli ha espresso (e molto acutamente) il "concetto della gioia", il sabato, giorno d' attesa.  Leopardi ha scritto: "È giorno di speme e di gioia". Aggiungo, un giorno è pieno di gioia perché è pieno di speranza. L' attesa della festa è migliore della festa stessa.

 

Non vi è mai capitato di fare preparativi, spendendo giorni o mesi, per un' occasione lieta e tutto poi finisca in poche ore?  Oppure l' attesa di un parto, a volte, non ha paralleli con la nascita di un bambino, che porta felicità e gioia ai genitori e parenti tutti?

 

L' attesa. Ecco un elemento della nostra esistenza, che è quasi sempre generatrice di viva gioia. San Paolo dice che i cristiani devono "essere lieti nella speranza", il che non significa solo che devono "sperare di essere lieti", ma devono "essere lieti di sperare", lieti già ora, per il semplice fatto che hanno la facoltà di sperare.

 

Detta così sembra una cosa semplice. Ma è pur vero che il periodo dell' Avvento è un periodo di letizia e gioia.

 

Chiariamo un concetto tanto caro al defunto Giovanni Paolo II. L' essere umano è chiamato, nel contesto di un cattolico credente, è chiamato ad essere "altrui-centrista", anzichè "ego-centrista". Questa veduta è stata modellata dopo la nascita di Gesù Bambino, venuto al mondo per redimerci dal peccato, che si è incarnato per noi e poi è morto per noi, ma che è venuto per "servire" e non per essere "servito".

 

Giovanni Paolo II sul tema "dell' altrui-centrismo" ha speso capitoli durante la stesura della "Teologia del corpo". La stessa festività del Natale presenta una particolare stagione di gioia, che instilla un forte senso "d'altrui-centrismo" nell' essere umano, cioè fa diventare buoni e fare che i buoni pensino agli altri e non a loro stessi.

 

Condizione essenziale per rallegrarsi nel Signore è avere uno spirito evangelico da poveri, cioè essere uomini e donne senza alterigia, superbia, ma umili, affabili ed altruisti.

 

La gioia evangelica, da sola, rappresenta la grande festa del  "rallegramento" con Dio da parte di gruppi cristiani più impegnati nell' Evangelizzazione.

 

Badate bene, cari fedeli, che la fabbrica della gioia e della felicità non esiste al mondo, nel senso che nessuno può comprarli al supermarket o nei negozi.

 

La gioia duratura e la felicità terrena si "fabbricano" con la costante preghiera ed il coraggio di pregare (sempre per gli altri ).  Quindi se la nostra è un' attesa seria, ma sempre eccitante, è il caso di dire che la nostra gioia e felicità è tutta nell' attesa stessa.

 

 

La Liturgia di Domenica 16 Dicembre 2018, III DOMENICA DI AVVENTO (ANNO C) - GAUDETE

 

 

Vangelo
(Lc 3,10-18)
E noi che cosa dobbiamo fare?
 

 

 Dal Vangelo secondo  Luca

In quel tempo, le folle interrogavano Giovanni, dicendo: «Che cosa dobbiamo fare?». Rispondeva loro: «Chi ha due tuniche, ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare, faccia altrettanto».
Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare e gli chiesero: «Maestro, che cosa dobbiamo fare?». Ed egli disse loro: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato».
Lo interrogavano anche alcuni soldati: «E noi, che cosa dobbiamo fare?». Rispose loro: «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe».
Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel suo granaio; ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile».
Con molte altre esortazioni Giovanni evangelizzava il popolo.
 

La Gamba Vincenzo M. - Meditazioni: «E noi che cosa dobbiamo fare?» New York, La Liturgia di Domenica 16 Dicembre 2018, III DOMENICA DI AVVENTO (ANNO C) - GAUDETE

 

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