Meditazioni

Egli doveva risuscitare dai morti

 

di Vincenzo La Gamba

Domenica di Pasqua 27 Marzo, 2016

Il brano evangelico odierno è frutto del mistero dei misteri: la Risurrezione di Gesù Cristo. Egli si presenta ai Suoi discepoli per rincuorarli; loro che erano ancora increduli che un simile miracolo potesse avvenire. Per di più la Risurrezione era a loro inspiegabile, visto che dopo la Sua morte Gesù "è scomparso" dalla Terra, senza nessuna traccia di sè. La stessa meraviglia che è capitata a Tommaso, detto Didimo, uno dei discepoli di Gesù Cristo, a cui noi ci riferiamo sempre quando nel dubbio o nell' incredulità "vogliamo toccare con mano" la situazione. Diciamo infatti: "Sono come San Tommaso; se non vedo, non credo".

Ci emoziona il fatto che Cristo capisca il desiderio di Tommaso, la sua voglia e la sua fatica di credere: è Lui stesso che si fa avanti, si propone, tende ancora le mani.

E così fa anche per noi: nei nostri dubbi ancora, Gesù, ci viene incontro. Alla fine Tommaso si arrende. Non sappiamo (perché non è scritto specificatamente )se abbia toccato il corpo del Risorto. Il fatto più rilevante é quello che Tommaso si arrende non al toccare, ma a Cristo che si fa incontro; si arrende non ai suoi sensi, ma alla pace, la prima parola che da otto giorni accompagna il Risorto e che ora dilaga: Pace a voi! Non un augurio, non una semplice promessa, ma una affermazione: la pace è una voce silenziosa. Essa non grida, non si impone ma, in verità, si propone, come il Risorto. Bellissima é la professione di fede di Tommaso: " Mio Signore e Mio Dio."

In essa è riassunta tutta l'esperienza pasquale. Il Crocifisso è risorto, ma il Risorto è il Crocifisso. Croce senza Pasqua è cieca, Pasqua senza croce è vuota. Per due volte Tommaso ripete quel piccolo aggettivo "Mio", che cambia tutto, che viene dal Cantico dei Cantici («Il mio amato è per me e io per lui» 6, 3), il che designa ciò che ci fa vivere, la parte migliore di noi, le cose care che fanno la nostra identità e la nostra gioia. "Mio", come lo è il cuore. E, senza, non saremmo. "Mio", come lo è il respiro. E, senza, non vivremmo.

San Tommaso esclama: "Mio Signore e Mio Dio!", come per dire "Perdonami Signore, perché non credevo Tu fossi il mio Dio! Adesso credo!" Non cambia molto al tempo d'oggi. Quanto successe a Tommaso oltre due mila anni fa, succede pure oggi, quando si fa o si vuole fare (intenzionalmente) confusione sulla nostra fede. La Risurrezione, per chi non la sappia spiegare agli altri, appartenenti ad altre religioni, si accetta non come dato storico, ma come un atto di fede. Punto e basta.

Siamo noi vittime di quella mentalità empirica per la quale è vero solo ciò che si sperimenta al tatto? Siamo noi vittime di quella mentalità per la quale la nostra debolezza ci ostina fino a non voler credere senza convinzioni? Il Vangelo è nato come la notizia della Risurrezione a cui sono state poi aggiunte altre notizie riguardanti la Passione di Gesù, e su quanto accaduto prima. Leggere il Vangelo e capirlo significa lasciarsi coinvolgere in modo da "sconvolgere" la nostra vita. Leggere il Vangelo e non capire il mistero non significa che è la ragione la fonte della nostra esistenza, ma la fede in Dio, che non accetta incredulità anche quando non si "vede" Dio, perché Egli esiste in noi.

Questo è il vero mistero che ci lega a Dio: Lui é in noi. Siamo noi in Lui?

 

La Liturgia di Domenica 27 Marzo 2016, DOMENICA DI PASQUA - RISURREZIONE DEL SIGNORE (ANNO C)

 

Vangelo

(Gv 20,1-9)
Egli doveva risuscitare dai morti
 

 Dal Vangelo secondo  Giovanni

Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro.
Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!».
Pietro allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò.
Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte.
Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti.

La Gamba Vincenzo M. - Meditazioni: «Egli doveva risuscitare dai morti» New York, La Liturgia di Domenica 27 Marzo 2016, DOMENICA DI PASQUA - RISURREZIONE DEL SIGNORE (ANNO C)

e-mail: VJIM19@aol.com

Home