Meditazioni

Nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti

 

di Vincenzo La Gamba

È una di quelle parabole che è difficile cominciare a predicare, ma della quale si può dedurre chi, alla fine, Gesù preferisce tra la scelta di un povero al cospetto di un ricco.  In questa parabola rileviamo il fatto che la persona ricca della parabola non ha un nome. È talmente impersonale che Gesù fa capire a noi che chi non si adopera per la solidarietà,  non rientra nel suo disegno Divino. Gesù soprannomina questo ricco uomo "epulone", un soprannome che potremmo tradurre "festaiolo o mangione".

Invece il povero ha un nome: Lazzaro, una contrazione di Eleazaro, che nella lingua ebraica significa "Dio ha aiutato!" Il ricco ed il povero è il tema di questo brano evangelico che Gesù tratta in modo impegnativo.

Innanzitutto l'insegnamento della parabola si applica a tutti perché essere povero od essere ricco è un concetto relativo. C'è chi ha un milione di dollari ed è più ricco di chi ne ha mezzo milione, ma è ricchissimo rispetto a colui il quale ha un dollaro.

Premesso questo è più facile cominciare a riflettere su questa parabola che è di estrema attualità pure al giorno d'oggi. Il centro della parabola non è la "vendetta di Dio", che ribalta lo "status" tra il ricco ed il povero, una volta che i due, morendo, si vedono in cielo di fronte ad Abramo. Il senso della parabola è nella parola chiave: abisso. Tra il ricco epulone e Lazzaro esiste un "abisso", perché il ricco se ne frega del povero!  Addirittura non si accorge del povero che muore alla sua porta, coperto di piaghe e "bramoso di sfamarsi di quello che cadeva dalla mensa del ricco", che tutti i  giorni "banchettava lautamente", mentre "i cani leccavano le piaghe di Lazzaro" alla soglia della ricca casa.

L'abisso invalicabile lo notiamo nell'animo del ricco, nelle sue false certezze, nella sua supponenza, un animo che si accontenta di essere stagnante, senza valicare   "l'abisso" per andare incontro al fratello povero.

Mancanza di solidarietà? Certamente. Questo messaggio di Gesù ci indica una strada ed una strada sola: non possiamo e non dobbiamo tirarci da parte di fronte al dramma della povertà, che è la negazione dell'uomo e della società, davanti al problema della disoccupazione, fame, sfruttamento, sottosviluppo, emarginazione, ignoranza. Oggi le nazioni globalizzate sono sotto la lente d'ingrandimento: non esiste un paese che si può tirare da parte.

Può una nazione ricca trovare nello spirito della solidarietà umana quel senso di spiritualità che Gesù cerca di farci capire nell'odierna parabola?

Può un credente far finta di non vedere Lazzaro che muore alla porta della nostra casa?  No: Dio chiama per nome Lazzaro, non gli rende un dollaro nelle mani. Si lascia coinvolgere, ascolta le ragioni, non accetta gli inganni, aiuta a crescere. Così la nostra comunità deve, sempre più, lasciare che lo Spirito susciti in mezzo a noi nuove forme di solidarietà che rispondano alle nuove forme di povertà.

La scelta della Chiesa a favore dei poveri è dettata non solo da questa parabola ma "dall'abisso"  che è il solo comune denominatore tra la ricchezza e la povertà.

 

La Liturgia di Domenica 29 Settembre 2013,  XXVI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C)
 

Vangelo (Lc 16,19-31)
Nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti.

 

 Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù disse ai farisei:
«C’era un uomo ricco, che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti. Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe.
Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. Stando negli inferi fra i tormenti, alzò gli occhi e vide di lontano Abramo, e Lazzaro accanto a lui. Allora gridando disse: “Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma”.
Ma Abramo rispose: “Figlio, ricòrdati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti. Per di più, tra noi e voi è stato fissato un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi, non possono, né di lì possono giungere fino a noi”.
E quello replicò: “Allora, padre, ti prego di mandare Lazzaro a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca severamente, perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento”. Ma Abramo rispose: “Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro”. E lui replicò: “No, padre Abramo, ma se dai morti qualcuno andrà da loro, si convertiranno”. Abramo rispose: “Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti”».
 

La Gamba Vincenzo - Meditazioni: «Nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti.» New York, www.galatro.org, La Liturgia di Domenica 29 Settembre 2013,  XXVI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C)
 

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