Meditazioni

Chi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo

 

di Vincenzo La Gamba

Il brano Evangelico di questa domenica è pieno di sentenze. La prima: " Se qualcuno vuole venire con me e non mette al secondo posto i suoi familiari, non può essere mio discepolo". La seconda sentenza è una delle più note: "Chi non porta la sua croce dietro a me, non può essere mio discepolo".

E per sottolineare la serietà di tale scelta fondamentale per la sequela, il Signore aggiunge due brevi ma importanti parabole che esprimono la massima attenzione nel provare se stesso: il calcolo preliminare necessario per costruire una torre o per affrontare una guerra con una adeguata gendarmeria, cioè pianificare, costruire con mezzi adeguati per non incorrere nel debito (costruzione della torre) o nella sconfitta (una guerra senza armi ed uomini).

Gesù conclude dicendo: "Chiunque di voi non rinunzia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo". In definitiva se Gesù prima chiedeva il distacco della famiglia, adesso lo estende ai beni materiali. Il messaggio è attuale al giorno d' oggi.

Emerge, quindi, in questo testo Evangelico la figura del discepolo da cui Gesu' non vuole tanto, vuole tutto!. Ma a chi interessa diventare il discepolo delineato da Luca? L'accento va innanzitutto posto sul verbo principale: diventare discepolo; il centro focale delle frase non è sulla rinuncia, ma sulla conquista.

Il vero discepolo non è quindi (e solamente) il sacerdote, ma tutti noi che come il sacerdote diventiamo (con le opere buone) i discepoli di Cristo, cioè quelli che seguono e portano la croce senza mai lamentarsi.

Questo ci propone oggi Gesù: dedizione totale e piena responsabilità davanti a Dio, privilegiando la parola di Dio su ogni affetto umano.

Seguire Gesù come discepolo è tutto perchè essere discepolo significa essere credente. Sono sinonimi che coniugano la fede assoluta in Dio. E quale è la differenza tra un discepolo di Cristo da un "non credente"? Che cosa aggiunge la fede alla realtà quotidiana della vita umana?

Dato che il credente è chiamato ad avere parte nella vita di Cristo ed è fatto già figlio adottivo di Dio attraverso il dono dello Spirito Santo, è Gesù l' archetipo che deve seguire il discepolo fino alla totale identificazione con lui. Essere credente significa rivestirsi di Cristo ed avere i suoi stessi sentimenti nella vita e nella condotta cristiana.

Nel cristiano autentico si nota una visione della vita, dell' uomo e dei problemi umani sotto una luce diversa: è la sua fede che impone una pace interiore per vincere le difficoltà quotidiane e rafforza la gioia per combattere la tristezza ed il malumore della nostra quotidianità. Ma soprattutto sono il bene, la misericordia di Dio (per usare un termine molto caro al Somma Papa Francesco) e l' amore verso il prossimo, gli ingredienti principali per esercitare lo spirito di servizio ed il dividere con gli altri, i propri beni ed il proprio tempo.

Per quanto riguarda i beni materiali sono pochi a non cercarli. Ce lo impone la nostra società. L' importante è averli e dividerli nella giusta dose a chi più ne ha di bisogno. Effettivamente camminando facciamo strada, ma solo se camminiamo con Gesù, poichè non troveremo il Signore se non nel prossimo, specialmente nel più umile, secondo le sue stesse parole: "Ogni volta che avete fatto queste cose ad uno dei miei fratelli più piccoli, lo avete fatto a me" (Matteo 25, 40).

Ciò comporta essere e comportarsi da cristiano accettando la fede e la condotta di Gesù Cristo, Dio fatto Uomo, perchè il Gesù storico è il Cristo della nostra fede, il Figlio di Dio che costituisce l' unica via per arrivare a Lui.

Possiamo riassumere in tre gli atteggiamenti fondamentali del discepolo: fede profonda, speranza gioiosa e carità ardente. Un trio di cose che costituiscono la struttura personale del cristiano credente, la sua vita nuova in Cristo, la cosiddetta "vita teologale", perchè la sua vita è Gesù Risorto, vincitore del peccato. Essere discepolo di Gesù significa dunque essere testimone di questa vita e darle un senso, prima di raggiungere quella eterna nel Regno di Dio che ha più senso.

 

La Liturgia di Domenica 8 Settembre 2013, XXIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C)
 

Vangelo (Lc 14,25-33)
Chi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo

 

 Dal Vangelo secondo Luca


In quel tempo, una folla numerosa andava con Gesù. Egli si voltò e disse loro:
«Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo.
Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo.
Chi di voi, volendo costruire una torre, non siede prima a calcolare la spesa e a vedere se ha i mezzi per portarla a termine? Per evitare che, se getta le fondamenta e non è in grado di finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, dicendo: “Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro”.
Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? Se no, mentre l’altro è ancora lontano, gli manda dei messaggeri per chiedere pace.
Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo».

La Gamba Vincenzo - Meditazioni: «Chi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo» New York, www.galatro.org, La Liturgia di Domenica 8 Settembre 2013, XXIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C)

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