Meditazioni

"Il seminatore uscì a seminare"

 

Dio esce sempre a seminare, diffondendo sempre i suoi buoni germi nella terra che vuole fare fruttificare. Noi siamo chiamati ad essere i "contadini della Parola", ossia a diffondere la Parola, a viverla

 

di Vincenzo La Gamba

Oggi Gesù parla di un "seminatore, che uscì a seminare".  Sembrerebbe quest'ultima frase dell'odierno brano evangelico vibrante di gioia e di profezia. É infatti é piena di promesse e di tante estati di vita.

In verità Dio esce sempre a seminare, diffondendo sempre i suoi buoni germi nella terra che vuole fare fruttificare.

A me sembra che attraverso questo Vangelo noi siamo chiamati ad essere i "contadini della Parola", ossia diffondere la Parola con l' ostinazione fiduciosa dell'odierna parabola. Nello stesso tempo avere fiducia nella Parola significa "viverla". Se io predicassi il Vangelo ciò che io non riesco a vivere, non dovrei nemmeno aprire bocca. Io tento di diffondere la potenza della Parola, che é più forte della mie debolezze.

In certi modi desidererei essere un contadino che serve il Padrone e viene pagato non per il lavoro che fa, ma per come fa il suo lavoro, con responsabilità, obbedienza e umiltà. Pagato, quindi, non in senso materiale ma in quello spirituale.

Il vero personaggio che emerge da questo Vangelo é appunto Dio, che vuole essere  il "fecondatore" infaticabile della nostra vita e trova nei contadini della Parola la mano che dona e voce che risveglia.

Per mezzo dei suoi semi ma al tempo stesso campo di sassi e spine (come nella parabola odierna), Dio é certezza che domani noi saremo sempre più vivi.

La parabola non racconta di un contadino maldestro nel suo lavoro, bensì  racconta la fiducia, in senso assoluto: dal piccolo seme nascerà il frutto... anche se, tra i rovi e le spine, oltre i sassi ed i passanti, c'é sempre una terra che fiorisce. Guai se non fosse così.  Ma quante volte i frutti non maturano e siamo portati ad essere sfiduciati  Questo é il peso dei se, i ma e i no, cioè un terreno arido, pieno di pietre, di rovi e di spine.

Portiamo un esempio. Se prendiamo in considerazione la parabola odierna, in Palestina vige tutt' oggi l'usanza di seminare prima di dissodare il terreno, con la conseguenza che non poca semente possa perdersi sui sentieri che il contadino percorre durante il suo lavoro, come anche sui rovi, sulle spine che sormontano il terreno coltivato, sicché l' abbondanza delle messi dipende non dalla volontà del seminatore o dalla qualità del seme, bensì dal terreno medesimo.

Domandiamoci quindi: "Qual é la differenza dell' uomo dalla varietà di terreno su cui può cadere la semente, messo in relazione alla Parola di Dio?"

Per quanto possa essere inverosimile, non vi é molta differenza: le persone, infatti, non hanno tutti la stessa fisionomia, sono dissimili; così avviene che la "Parola" di Dio ha la stessa consistenza ed efficacia per tutti, ma non in tutti trova la medesima corrispondenza. Non tutti aprono il cuore e la mente all'ascolto della "Parola", ma non perché la "Parola" é inefficace, quanto piuttosto alla mancata assimilazione dell' uomo.

Se prima affermavo che fra l'uomo e la varietà dei terreni non vi é alcuna differenza, adesso mi correggo.  Occorre considerare che l' uomo, dotato di intelligenza, raziocino e sensibilità, é capace di accogliere la "Parola di Dio" con immediatezza.

Ciò può essere possibile perché l'uomo si differenzia dagli animali in virtù della sua razionalità, la stessa con cui é arrivato sulla luna oppure ha conseguito risultati strepitosi in campo scientifico e tecnologico.

Eccoci alla risposta appropriata al quesito di cui sopra: lo stato di fertilità o meno del terreno che é in noi, dipende solo da noi stessi.

Siamo sempre noi che, da ipocriti, facciamo il brutto ed il cattivo tempo. La "Parola" rimane la stessa e la conclusione della Parabola ci offre la certezza che la realtà del Regno di Dio alla fine trionferà ed avrà la  meglio sul male, solo se, non da ipocriti,  facciamo solo il bel tempo.

 

La Liturgia di oggi Domenica 10 Luglio 2011,   XV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO A)

Vangelo (Mt 13,1-23)
Il seminatore uscì a seminare

 Dal Vangelo secondo Matteo

Quel giorno Gesù uscì di casa e sedette in riva al mare. Si radunò attorno a lui tanta folla che egli salì su una barca e si mise a sedere, mentre tutta la folla stava sulla spiaggia.
Egli parlò loro di molte cose con parabole. E disse: «Ecco, il seminatore uscì a seminare. Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la mangiarono. Un’altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c’era molta terra; germogliò subito, perché il terreno non era profondo, ma quando spuntò il sole fu bruciata e, non avendo radici, seccò. Un’altra parte cadde sui rovi, e i rovi crebbero e la soffocarono. Un’altra parte cadde sul terreno buono e diede frutto: il cento, il sessanta, il trenta per uno. Chi ha orecchi, ascolti».

La Gamba Vincenzo - Meditazioni: «"Il seminatore uscì a seminare". Dio esce sempre a seminare, diffondendo sempre i suoi buoni germi nella terra che vuole fare fruttificare. Noi siamo chiamati ad essere i "contadini della Parola", ossia a diffondere la Parola, a viverla» New York, www.galatro.org, La Liturgia di oggi Domenica 10 Luglio 2011,   XV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO A)

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