Meditazioni

Dio è certezza che domani io sarò sempre più vivo
 

Vincenzo La Gamba


Gesù parla di pescatori di uomini: "Tu Pietro diventerai tale". Gesù  oggi parla di un "seminatore, che uscì a seminare".  Quest'ultima frase dell'odierno brano evangelico vibra di gioia e di profezia. É piena di promesse e di tante estati di vita.

Dio esce sempre a seminare, diffondendo sempre i suoi buoni germi nella terra che vuole fare fruttificare.
Dio é come la primavera del cosmo; noi siamo come l' estate profumata di frutti.

A me sembra che attraverso questo Vangelo noi siamo chiamati ad essere i "contadini della Parola", ossia diffondere la Parola con l'ostinazione fiduciosa dell'odierna parabola. Nello stesso tempo avere fiducia nella Parola significa "viverla". Se io predicassi il Vangelo ciò che io non riesco a vivere, non dovrei nemmeno aprire bocca. Ma io non predico quello che ho raggiunto, bensì tento di diffondere la potenza della Parola, più forte della mie debolezze e viltà.

Vorrei essere un contadino che serve il Padrone e viene pagato non per il lavoro che fa, ma per come fa il suo lavoro, con responsabilità, obbedienza e umiltà.

Pagato, quindi, non in senso materiale ma in quello spirituale.

Il vero personaggio che emerge da questo Vangelo é appunto Dio, che vuole essere  il "fecondatore" infaticabile delle nostre vite e trova nei "contadini" della Parola la mano che dona, forza che sostiene e voce che risveglia.
Per mezzo dei suoi semi in me, al tempo stesso campo di sassi e spine (come nella parabola odierna), terra buona e cuore calpestato, Diò é certezza che domani io sarò sempre più vivo.

La parabola non racconta di un contadino maldestro nel suo lavoro, bensì  racconta la fiducia, in senso assoluto: dal piccolo seme nascerà il frutto... anche se, tra i rovi e le spine, oltre i sassi ed i passanti, c'é sempre una terra che fiorisce. Guai se non fosse così.

Ma quante volte i frutti non maturano e siamo portati ad essere sfiduciati?

Questo é il peso dei se, i ma e i no, cioé un terreno arido, pieno di pietre, di rovi e di spine.

Portiamo un esempio. Se prendiamo in considerazione la parabola odierna, in Palestina vige (tutt' oggi) l'usanza di seminare prima di dissodare il terreno, con la conseguenza che non poca semente possa perdersi sui sentieri che il contadino percorre durante il suo lavoro, come anche sui rovi, sulle spine che sormontano il terreno coltivato, sicché la copiosità delle messi dipende non dalla volontà del seminatore o dalla qualità del seme, bensì dal terreno medesimo.

Ci domandiamo quindi: "Qual é la differenza dell' uomo dalla varietà di terreno su cui può cadere la semente, messo in relazione alla Parola di Dio?"

Per quanto possa essere inverosimile, non vi é molta differenza: le persone, infatti, non hanno tutti la stessa fisionomia, sono dissimili; così avviene che la "Parola" di Dio ha la stessa consistenza ed efficacia per tutti, ma non in tutti trova la medesima corrispondenza. Non tutti aprono il cuore e la mente all'ascolto della "Parola", ma non perché inefficacia nella "Parola", quanto piuttosto alla mancata assimilazione dell' uomo.

Se prima affermavo che fra l'uomo e la varietà dei terreni non vi é alcuna differenza, adesso mi correggo.  Occorre considerare che l' uomo, dotato di intelligenza, raziocino e sensibilità, é capace di accogliere la "Parola di Dio" con immediatezza.

Ciò può essere possibile perché l'uomo si differenzia dagli animali in virtù della sua razionalità, la stessa con cui é arrivato sulla luna oppure ha conseguito risultati strepitosi in campo scientifico e tecnologico.

Eccoci alla risposta appropriata al quesito di cui sopra: lo stato di fertilità o meno del terreno che é in noi, dipende solo da noi stessi.

Siamo sempre noi che, da ipocriti, facciamo il brutto ed il cattivo tempo. La "Parola" rimane la stessa e la conclusione della Parabola ci offre la certezza che la realtà del Regno di Dio alla fine trionferà ed avrà la  meglio sul male, solo se, non da ipocriti,  facciamo solo il bel tempo.
 

Meditazioni: «Dio è certezza che domani io sarò sempre più vivo»,  Vincenzo La Gamba - America Oggi,  New York, Domenica 10 Luglio 2005 - XV.ma Tempo Ordinario