Meditazioni

La gloria di Dio é l'uomo vivente
 

Vincenzo La Gamba

Oggi leggiamo uno dei capitoli principali  della rivelazione nel Vangelo di Giovanni: Gesù rende palese la sua filiazione divina. Ma se da una parte proclama la Sua divinità: "Io sono la Risurrezione e la vita" (e ne dà dimostrazione con il segno di maggior rilievo, che é quello di dare la vita ad un morto), dall' altra parte ci rileva la Sua umanità, che si commuove e scoppia in pianto per la morte di un amico carissimo.

Non possiamo capire e raccontare l'episodio senza chiederci con quale movente Gesù agisce, poiché la chiave d' interpretazione di un fatto sta nella sua finalità. Il racconto parla soprattutto di vita e di risurrezione, identificandole con la persona di Gesù, ma non in modo automatico. Risurrezione e vita sono elementi per chi crede in Cristo, come Messia e Figlio di Dio.

Così lo riconosce Marta rispondendo a Gesù. É evidente che questo miracolo (o segno), é in funzione della fede come obiettivo finale, parimenti a tutto il Vangelo di Giovanni, scritto perché "crediate che Gesù é il Cristo, il Figlio di Dio e perché, credendo, abbiate la vita nel Suo nome" (Gv 20,31). Obiettivo e condizione, perché senza fede in Gesù non c'é vita.

La fede, oltre le apparenze, ci fa percepire questa straordinaria condizione cristiana. Ci fa sperare. Il Vangelo ci mostra che se Cristo richiama dai morti Lazzaro é segno che Egli ha potere sulla morte, perché Chi ha risuscitato Cristo, risusciterà anche noi: ci renderà conformi a Lui nel suo stato glorioso. Con la venuta di Cristo e dopo di essa, la morte colpisce l'uomo.  Gesù ne sente tutta l'amarezza e la condivide, giungendo a piangere con coloro che piangono lo strappo di una persona amata. Ma la fede (ancora essa), deve essere più forte del pianto. Con essa é superata la morte definitiva.

Allora neppure questa ci invade di disperazione: "Io sono la Risurrezione e la vita. Chiunque vive e crede in me non morirà in eterno". 

É tutto qui: essere in comunione con Gesù mediante la fede, che é il vincolo che a Lui ci lega ed é come il passaggio dello Spirito. Tutto il resto, tutte le altre vicende, compresa la morte fisica non importante più di tanto.
Viviamo oggi l'esperienza della “disaffezione" verso le cose di Dio: scorgiamo un mondo secolarizzato, che vive - annotava Giovanni Paolo II a Palermo nel 1995- come se Dio non esistesse.

C'é, da un lato, un profondo senso religioso, una percezione quasi magica del fenomeno spirituale e, dall' altro lato, registriamo stili e modelli di vita che relegano Dio alla sfera del privato, quasi un consolatore emotivo di cuore vuoto e malato.

Eppure  Sant' Ireneo ci ricorda che: "La gloria di Dio é l'uomo vivente"!  In verità Dio é contento degli uomini che vivono e che vivono bene dal punto di vista spirituale, che sanno vivere e desiderano vivere una vita spirituale intensa e convincente. Ma non é cosi, purtroppo!

All'inizio di questo terzo millennio, che si é aperto con ostilità su tutti i fronti, serpeggia un interrogativo: quale sarà il futuro della Chiesa e dell' uomo?

La risposta, volenti o nolenti, sta racchiusa nel Vangelo di oggi: Dio é per la vita, solo per la vita, sempre per la vita. Non c'é disperazione o dramma che possa arrestare l' entusiasmo e l' amore di Dio per la vita e per tutto ciò che appartiene agli uomini.

Perché credere in Dio?  Perché Dio offre la speranza, capace di ribaltare le tombe degli uomini. L' ha detto e lo farà!

Siamo capaci di avere fede in Lui?
 

Meditazioni: «La gloria di Dio é l'uomo vivente»,  Vincenzo La Gamba - America Oggi,  New York, Domenica 13 Marzo 2005 - Quinta di Quaresima