Meditazioni

Rallegratevi sempre nel Signore

 

 

di Vincenzo La Gamba


È il Vangelo della candidatura di Gesù da parte di Giovanni il Battista quello odierno, tratto da Luca, in cui la frase "E noi che dobbiamo fare?" rappresenta il principio di qualcosa che deve "avvenire".

Innanzitutto Giovanni il Battista predica e battezza in un modo che la gente pensa che lui  sia il Messia. Ma Giovanni risponde: "Io vi battezzo con acqua; ma verrà uno che è più forte di me, al quale io non sono degno di sciogliere neppure il legaccio dei sandali". Ed annuncia il battesimo ed il giudizio del Messia con il linguaggio apocalittico della tradizione profetica: "Costui vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Egli ha in mano il ventilabro per ripulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel granaio, ma la pula la brucerà con il fuoco inestinguibile".

La liturgia della parola di questa domenica indica i segni tangibili di una conversione autentica: amore e giustizia. La gente del popolo, i pubblicani ed i militari, dopo avere sentito Giovanni Battista proclamare il battesimo di conversione per il perdono dei peccati, si rivolgono a lui: "E noi che dobbiamo fare?", il che significa che "noi siamo pronti a convertire il nostro cuore al Signore", ma cosa aspettiamo e cosa dobbiamo fare ancora non lo sappiamo.

Il comune denominatore di questo brano evangelico è racchiuso oltre che nell'amore e giustizia soprattutto nella gioia rallegrante di quello che avverrà con il tempo dell'Avvento.

Non è facile amare, dividere e distribuire, perché presuppone il distacco da qualcosa che qualcuno considera tutto suo.

È più facile incolpare i ricchi, i potenti del mondo, i movimenti della globalizzazione, le multinazionali ed i blocchi di dominio pubblico, per concludere poi che noi non possiamo fare niente per dividere e distribuire la ricchezza d'amore..  Invece no!

Basta guardarsi attorno per capire che si può fare e fare di più. Basta prendere ad esempio Giovanni Paolo II al riguardo della giustizia e dell'amore, della pace e della tutela dei diritti umani. In occasione del Suo 25.mo Anniversario di Pontificato, è stato osannato da tutti gli angoli del mondo, come lo strumento al servizio del bene dell'umanità, tanto più efficace quanto più testimone di pace mondiale e nocchiero di giustizia per tutelare i bisognosi, soprattutto quelli che appartengono negli abissi mondiali della povertà, ingiustizia e violenza.

Si può quindi amare ed essere amati, come nel caso di Papa Giovanni Paolo II, quando si predica l'amore con la sete della giustizia umana.

Ciò ci fa ponderare quanto sia importante la gioia per la salvezza di Dio in Cristo, che  è un'altra delle esortazioni di questa domenica, come si deduce dalla prima e seconda scrittura, tratte rispettivamente dal profeta Solonia e dall'Apostolo Pietro.

Si legge "Rallegratevi nel Signore sempre".

Condizione indispensabile per rallegrarsi nel Signore è avere uno spirito evangelico da poveri, cioè essere uomini e donne senza superbia, umili, affabili, altruisti, amanti del dividere e disposti ad essere arricchiti con l'apporto umano e spirituale degli altri, soprattutto dei più poveri.

La gioia evangelica da sola rappresenta la grande fetta ereditaria del Signore per i gruppi cristiani più impegnati nel Vangelo.

Poniamoci quindi questa domanda: Perché siamo portati più facili alla tristezza che non alla gioia, all'ottimismo, alla felicità e alla contentezza?

Perché si è insoddisfatti della vita che si conduce? Perché stress, debiti da pagare, lavoro, casa, famiglia e tutte le problematiche quotidiane hanno il sopravvento su di noi?

Ci sono molti motivi e numerose risposte ma non dobbiamo farci coinvolgere nel gioco. Se esistesse la fabbrica dell'amore e della giustizia, faremmo chissà quale pazzia per comprarne una dose di tutti e due. L'amore si fabbrica con la costante preghiera ed il coraggio di pregare Dio.

Bello leggere il pensiero spirituale di Madre Teresa: "Il vero amore è un sentimento che sebbene provochi dolore e ci faccia soffrire, ci rende felici. Ecco perché dobbiamo pregare Dio, chiedendoGli il coraggio di amare" .
L'antitesi della felicità è la tristezza; essa non ci dominerà se sappiamo essere padroni dei nostri sentimenti.  Inoltre, se non c' è serenità, tranquillità, pace ed umanità sul nostro volto e nel nostro cuore, non obbediamo al comandamento cristiano della gioia: "Rallegratevi nel Signore sempre; ve lo ripeto ancora, rallegratevi".
Un motivo c'è.  Il Natale è vicino. Non è questo un vero motivo per rallegrarsi?

 

 

Meditazioni: «Rallegratevi sempre nel Signore»,  di Vincenzo La Gamba - America Oggi,  New York, Domenica 14 Dicembre  2003 - Terza di Avvento