Meditazioni

"Seguimi!"

di Vincenzo La Gamba


Secondo  il Vangelo di oggi, scritto da Matteo, c'è da rilevare che egli è stato il quinto discepolo chiamato da Gesù.  I primi quattro erano pescatori: Pietro, Andrea, Giacomo e Giovanni.  Matteo è un collettore di tasse, che a quei tempi era considerato una specie di traditore dagli Ebrei perché le tasse venivano imposte dai Romani.


Fatta questa premessa, c'è da dire che egli faceva il suo dovere, cosi come chi è impiegato con la IRS in questa Nazione. Ci sarà stata più di una ragione perché Gesù l'ha voluto con sè.  Ci sarà stata  pure una ragione specifica sul perché Gesù ha invitato Matteo ed altri suoi colleghi di tasse ad un pranzo conviviale.


Ovviamente i Farisei si scandalizzarono: "Gesù che mangia assieme ai peccatori e collettori di tasse?.  Che scandalo!".


Sentendoli Gesù disse: "Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati".  Infatti noi riconosciamo Gesù  perché  é  "venuto a chiamare non i giusti ma i peccatori".


Chi sono i giusti?  Chi sono i peccatori ?


I giusti, manco a dirlo, sono tutti quelli che si credono nel giusto delle  loro cose, delle proprie azioni e reazioni in base alle loro leggi. I giusti, in questo caso, sono delle persone sane che hanno l'illusione di non aver bisogno di un medico. Sono orgogliosi delle loro onorabilità.  Ecco perché si stupiscono nel vedere Gesù a mensa con peccatori e collettori di tasse.  Essi giudicano i peccatori come gente perduta, emarginata, irrecuperabile.


Che i  "peccatori" ammettano i loro peccati e divengano "giusti" come loro, non è questo un modo per avere diritto a "partecipare alla mensa" così come recitiamo quando si celebra la Santa Messa? 
Sapersi peccatore è riconoscere di aver peccato.


È in quel momento che si riceve la misericordia divina che è l'oggetto della nostra fede, della speranza e dell'azione di grazia.


Credere in Gesù è l'unica ancora di salvezza offerta a tutti perché Gesù  "si è consegnato per le nostre colpe" e perché Egli è "Risorto per la nostra giustificazione."


La Chiesa, della quale facciamo parte come comunità di peccatori, deve annunciare la buona novella e renderla partecipe con il proprio modo di essere. La Chiesa ci offre di visitare Gesù nella Sua casa durante la celebrazione dell'Eucarestia.


Prima di ricevere la comunione  il sacerdote dice: "Beati gli invitati alla cena del Signore".   Noi rispondiamo: "O Signore, non sono degno di partecipare alla tua mensa". NON BASTA DIRLO!
Occorre comportarsi a ciò che si è.  Agire di conseguenza come Lui che si riceve: il Corpo del Cristo, che ha invitato e mangiato con i peccatori ed i pubblicani e che ha imbandito la tavola per quei peccatori e pubblicani che tutti noi siamo. Rispondere Amen dopo avere ricevuto la comunione dal sacerdote significa rispondere all'invito:
"Seguimi. Sii nella Chiesa e nel mondo testimone della Mia misericordia".


Così, infatti, comincia il Vangelo odierno: "Seguimi".  Rivolto ai suoi discepoli di allora è ancora attuale a noi cattolici d'oggi.


"Seguimi", non è altro che il messaggio che rientra nella nostra quotidianità per essere più vicino a Gesù ed esserne degni discepoli della Sua misericordia.


La misericordia di Dio è la trama di tutta la storia della salvezza e dell'alleanza fin dalle loro origini.
Quello che Gesù  fece quando "vide" Matteo seduto al suo banco di pubblicano ha valore  pure di rivelazione.
Non si spiega altrimenti la parola: "Seguimi" se, in un contesto specifico, ha provocato in Matteo una risposta così totale.  Matteo lo ha "seguito" per davvero perché l'ordine è venuto da Colui che ha l'autorità di dirlo, sia o non sia  egli un peccatore. Matteo non poteva rifiutare quella "chiamata".
Chiudiamo con le parole di Gesù nella prima lettura di Osea: "Voglio l'amore e non  il sacrificio", con la speranza che sia da monito alla gente che vive nei suoli della Terra Santa, impegnati da sempre in una  perpetua guerra di odio, in cui il sacrificio di giovani vite non certo corrisponde al messaggio d' amore di Gesù.

New York, Domenica  9 Giugno 2002
X.ma  di Tempo ordinario