Meditazioni

Costui era davvero il Figlio di Dio

di Vincenzo La Gamba



L'odierna liturgia coinvolge una delle più drammatiche pagine della nostra cristianità.


Nella domenica di Passione, così  come raccontata "in forma di omelia" da Matteo riscontriamo la conflittualità, il tradimento, la trasudazione, la preghiera, la blasfemità, la rinnegazione, l'abbandono, l'impiccagione di Giuda Iscariota, i due ladroni, la derisione, lo scherno, la malvagità e in ultimo l'agonia e la Crocifissione di Nostro Signore Gesù Cristo.


A conclusione della quale il centurione romano proclama: "Davvero Costui era il Figlio di Dio!", che rappresenta il solo segno di fede di tutto il racconto della Passione. Ben poco, ma sicuramente non in grado di giustificare le nostre debolezze, ipocrisie, leggerezze quando uno muore o dopo che muore.


Si dice sempre: "Quanto era bravo(a). Quanto era buono(a). Era una persona straordinaria. Era un uomo/donna dolce".


Ci vuole sempre la morte per fare tacere i malvagi, sempre se si ricredono. 


La gioia é un attimo. La malvagità  purtroppo impera sempre ed il dolore non si distacca mai da noi in questa  nostra vita terrena.


Il dolore non accetta di voler male ad una persona oppure odiarla o sputare veleno su di essa.


Se il dolore non condanna, la malvagità non assolve.


Chi si lava le mani, come Ponzio Pilato, incarna la debolezza e superficialità umana in una forma  "legale". Egli rappresentava la legge.


E le leggi non  condannano chi é innocente. Non solo non le ha applicate a dovere, ma le ha messe in mano alla folla che non aveva nessun potere se non quello di condannare il Messia per commettere la più grande ingiustizia verso il più Giusto dei Giusti.


Non é questo un paradosso?


Giustiziare un giusto, il Messia, solo perché innocente (o meglio), reo di nessun reato! Non era il Messia agli occhi di una parte del popolo ebraico.


Per loro era un uomo qualunque, quanto mai scomodo e rivoluzionario.


Ma quante volte abbiamo visto gente lavarsi le mani come Ponzio Pilato?


Moltissime. Lo hanno fatto per viltà?  Può anche darsi.


Ma la figura di Ponzio Pilato non é altro che una chiara e diretta compartecipazione al peccato. Si sa di non dovere peccare, ma lo si fa perché  non si può fare a meno di farlo.


Alla insipida figura di Ponzio Pilato si aggiunge la figura di Giuda Iscariota, personaggio con cui ha inizio l'odierna liturgia della Passione dell'Evangelista Matteo.


Giuda é la negatività assoluta, il perfido male, tanto che Gesù sentenzia che "sarebbe meglio per quell'uomo se non fosse mai nato!" (Matteo 26: 24 ). Parole pesanti come macigni.


Giuda é la personificazione del male satanico, che si vende per i soldi e "tradisce" Colui che é senza peccato, il più Giusto dei Giusti! Giuda dunque rispecchia pure la nostra coscienza fragile e volubile. E Pietro?


L'Apostolo Pietro sorprende per la sua "irriconoscenza" verso Gesù avendoLo rinnegato ben tre volte.


Ma quanti Pietro ci stanno tra di noi?  Tantissimi.


Ecco perché lo scenario della Passione é un susseguirsi di colpe, eventi negativi e peccati infiniti. Uno solo é l'atto di fede: quello del centurione romano che, quando tutto "si é compiuto" proclama: "Davvero Costui era il Figlio di Dio!", cioè il Figlio che si é immolato per i peccati commessi dall'uomo lamentandosi  contro Suo Padre una sola volta: "Mio Dio, Mio Dio, perché mi hai abbandonato?" ( Salmo 21).


Gesù ha sofferto e soffrendo ci ha insegnato che anche chi é senza peccato deve subire la sofferenza. Forse per questo Gesù all'atto della separazione tra il divino e l'umano non é stato nemmeno capito dai suoi discepoli e seguaci. 


Lo ha capito il centurione, il pagano.


Quale lezione per noi credenti! Gesù é morto in Croce soffrendo. Gesù é morto ed abbandonato dai suoi discepoli e seguaci.


Quale sgarbo al Figlio dell'Uomo! Un abbandono totale, un tradimento annunciato, un rinnegamento emblematico.


Chi veramente capì tutto prima e dopo la morte del Figlio é stata Maria, Vergine e Madre di Gesù. Ai piedi della Croce entra in scena nell'ultima parte del Vangelo di Matteo assieme alle pie donne.  Altre religioni non riconoscono (ed a torto)  Maria, Vergine e Madre. Ella é invece una figura predominante nella nostra religione. É l'eterno amore materno che si coniuga con il senso della vita, che é anche quello della pace, giustizia ed amore tra fratelli e sorelle in Cristo.


Con Maria la Passione di Gesù viene sublimizzata all'atto del trapasso del Figlio. Ella, consapevole di avere avuto in grembo un Figlio, nato per opera dello Spirito Santo lo sentiva Suo anche quando si stava staccando da questo imperfetto mondo.


Immaginate una madre che sa di avere un Figlio speciale e Lo piange con dignità e dolore. Ma il Suo anche se Figlio di Dio, era stato flagellato, abbandonato, vilipeso, schernito, ferito, prima di morire per noi in Croce... Un dolore ancora più straziante per Maria!


Ecco perché noi ci associamo e partecipiamo, come non mai, al dolore di Maria anche in quest'altra domenica di Passione.


Basta soffermarsi devotamente nell'attimo di pausa durante la lettura del Vangelo di Matteo (27:50): Gesù esala l'ultimo respiro...


Ci si stringe il cuore dal profondo dolore. Chiniamo il capo. Genuflettiamo per raccoglierci in un momento di intensa partecipazione. In silenzio meditiamo: "O Gesù, sei veramente morto per colpa nostra! Perdona noi miseri peccatori perché ti feriamo sempre con  peccati più che con la lancia  trafitta nel tuo costato. Perdonaci  tutti!".


Non dobbiamo comunque ricordarci di Gesù nel momento che Egli muore per noi. Dovremmo ricordarci di Lui in ogni momento della nostra quotidianità.


Meditando il perché é morto!


Matteo ce lo fa ricordare, a differenza di altri Evangelisti, non come fatto accaduto duemila anni fa ma come omelia in cui la Passione e Morte di Gesù sono avvenute nel modo con cui erano state profetizzate nelle Sacre Scritture.


Matteo, infine, ci fa vedere Gesù attraverso il compimento delle antiche profezie e promesse.  Non necessariamente per proclamarLo  così come fece il centurione romano: "Davvero Costui era il Figlio di Dio".


Matteo ci esorta  in un accorato atto di fede a proclamarLo al presente:
"Davvero Costui  É  il Figlio di Dio". Lo é e lo sarà sempre nella certezza nei nostri cuori, anche se a volte non siamo degni di partecipare  alla Sua mensa.

New York, Domenica delle Palme,  24 Marzo 2002