Meditazioni

Cercare la luce della fede

di Carlo Mellace, diacono



L'episodio del cieco guarito presentato dall'odierno Vangelo ci mette di  fronte all'esigenza di riconoscere in Cristo l'inviato del Padre. Che significa vedere Dio?  Perché alcuni vedono ed altri no? Cerchiamo la risposta nel Vangelo.


Gesù incontra il cieco, dopo un'aspra polemica con un gruppo di Giudei nel tempio.  A costoro Gesù aveva detto: "Voi non comprendete il mio linguaggio, voi non potete dare ascolto alle mie parole perché avete per padre il diavolo e volete compiere i desideri del padre vostro"  (Giovanni 8: 43-44).  In queste parole c'è un'affermazione di notevole peso teologico: L'uomo vede e giudica i fatti ( anche i fatti di Dio), condizionato dagli orientamenti del suo cuore.


É verissimo.  Infatti un violento vede dovunque provocazioni, mentre il mite, nelle stesse situazioni, trova occasioni di bene: hanno un cuore diverso e quindi gli stessi fatti producono reazioni diverse.  Un orgoglioso vede dovunque occasioni di polemica, mentre l'umile, nelle stesse situazioni, trova occasioni di pazienza.


La stessa cosa avviene nel rapporto tra l'uomo e Dio: infatti l'atteggiamento interiore condiziona fortemente la lettura della vita e quindi anche della lettura dei segni di Dio. Proprio Gesù ricorda ai Giudei, per farli riflettere sulla ragione della loro cecità.


Gesù incontra il cieco. Per Gesù la malattia fisica non é il problema più grave dell'uomo. Egli lo dice subito e questo va sempre ricordato, per non avere un'idea del bene diversa da quella di Dio. Gesù comunque vuole guarire il cieco.  Lo fa non solo per dargli la vista, ma per comunicare un messaggio a tutti. Egli impasta un po' di terra con la saliva (gesto comunissimo a quei tempi) e la mette sugli occhi del cieco; poi gli ordina di andarsi a lavare alla piscina di Siloe.


Gesù  fa  un gesto che era proibito in giorno di sabato, sfidando la visione religiosa del Giudaismo, che aveva ridotto il giorno di Dio a pratiche vuote e quindi insignificanti. Perché? Nell'intento di Gesù, il gesto doveva mettere in crisi la religione vuota dei Giudei e contemporaneamente, il miracolo doveva offrire la garanzia dell'autorità del suo gesto.


Ben diverso é l'atteggiamento del cieco guarito. Egli é felice per la vista riacquistata, anche se non é ancora un credente.


Di fronte ai farisei che criticavano quanto Gesù aveva fatto,  il cieco, con onestà difende la straordinarietà del personaggio che aveva compiuto il miracolo e non ha pregiudizi da difendere.


Ma i capi dei Giudei non la pensavano così.  Risentiti a motivo delle parole del cieco guarito, prendono una decisione gravissima: lo escludono dalla sinagoga.


Per un ebreo é una pena dura, una specie di scomunica con conseguenze religiose e sociali.  Il povero cieco ora ci vede:  ma vede solo l'incredulità, la cattiveria intorno a sé.


Cristo la raggiunge quando egli si trova in questa situazione. Il cieco guarito ora é un povero, un emarginato, ma, nello stesso tempo, é un mite, un paziente. Solo ora Gesù può proporgli l'atto di fede, cioè l'annuncio che Dio é vicino.


Il cieco "vede" veramente la vicinanza di Dio. Ora é completamente guarito.


Questo miracolo é stato compiuto anche per noi. Perché impariamo a cercare la luce, a qualsiasi prezzo...

New York, Domenica 10 Marzo 2002
Quarta di Quaresima