Europa:

 

Intervista al giurista Dalla Torre:

Europa, l'ipoteca dei Lumi
 

Nella bozza della futura Costituzione, le Chiese sono equiparate alle organizzazioni filosofiche. Il giurista Dalla Torre: «Così si fa confusione. Un’associazione di liberi pensatori non è la stessa cosa di una Chiesa»
 

 

di Luigi Geninazzi


Apritevi un varco e qualcun altro s'infilerà. Succede spesso e, a quanto pare, potrebbe accadere anche alla Convenzione europea, l'assemblea presieduto da Giscard d'Estaing per la riforma dell'Unione. Nella bozza della Carta fondamentale, vale a dire la futura Costituzione europea, verrà inserito l'articolo 37 che riguarda esplicitamente le Chiese. La proposta è stata avanzata il mese scorso dal Presidium, l'organismo ristretto della Convenzione. Nella sua nuova formulazione l'articolo 37 afferma che l'Unione europea rispetta e non pregiudica lo status previsto nelle legislazioni nazionali per le chiese, recependo così il principio già contenuto al numero 11 della Dichiarazione allegata al Trattato di Amsterdam. Inoltre si prevede che l'Unione mantenga un dialogo regolare con le Chiese e le comunità religiose.
Ma è nei dettagli che si nasconde il serpentello. Il riconoscimento della rilevanza pubblica delle Chiese viene accomunato a quella delle organizzazioni filosofiche. "E' un abbinamento che suscita molte perplessità", aveva notato l'altro giorno il cardinale Camillo Ruini, presidente della Cei. Leggendo l'articolo 37 infatti si può ricavare l'impressione che comunità ecclesiali e associazioni filosofiche stiano sullo stesso piano. E perchè mai proprio quelle filosofiche? I club di caccia e pesca, le società sportive, i gruppi sociali di ogni tipo non avranno da ridire? Il richiamo alla filosofia (illuministica?) tradisce forse un'ipoteca della massoneria sulla nuova Europa? Vedremo cosa ne dirà l'assemblea plenaria della Convenzione che tra pochi giorni dovrà discutere l'intera bozza della Costituzione Ue.


Si possono mettere sullo stesso piano Chiesa e massoneria? La domanda è retorica ma per la Convenzione europea la risposta sembrerebbe essere positiva. "E’ una confusione che può avere conseguenze molto negative, non solo sul piano giuridico", osserva il professor Giuseppe Dalla Torre, rettore della Lumsa e presidente nazionale dell’Unione dei giuristi cattolici italiani.
 

Quali sono le sue perplessità?
 

«L’equiparazione tra Chiese e organizzazioni filosofiche che troviamo nell’articolo 37 della bozza della Carta costituzionale europea mette insieme due profili giuridici molto diversi tra loro. Da un lato troviamo la libertà di pensiero e di associazione che rimanda alla tematica della società civile e delle sue aggregazioni. Dall’altro ci sono le Chiese che rimandano al concetto di libertà religiosa, in particolare alla libertà religiosa in senso collettivo e istituzionale».
 

Intende dire che alla fine lo status delle Chiese non risulterebbe sostanzialmente diverso da tante altre espressioni della società civile?
 

«E’ proprio questo il rischio sotteso all’attuale formulazione dell’articolo 37. Il fenomeno religioso presenta una sua specificità anche sul piano giuridico. Non a caso la libertà religiosa viene distinta da quella di associazione o di manifestazione del pensiero. Metterle tutte insieme non contribuisce certo a fare chiarezza. Un’associazione di liberi pensatori non è la stessa cosa di una chiesa. Questo non significa che non dev’essere protetta. Ma lo è già con l’affermazione del principio generale della libertà d’associazione e di manifestazione del pensiero».
 

C’è un’impronta massonica in tutto questo?
 

«A prima vista si potrebbe dire che alla radice c’è la preoccupazione di garantire una sorta di laicità dell’ordinamento europeo intesa come equidistanza da tutte le opzioni possibili. Se però andiamo a vedere da vicino notiamo che la soluzione è profondamente erronea in quanto vengono messe sullo stesso piano due dimensioni dell’esperienza umana che sono marcatamente diverse. Il credo religioso non è semplicemente la manifestazione di un libero pensiero. Pensiamo solo alla dimensione del culto e del rito che non esiste negli altri ambiti associativi».
 

Insomma, c’è una sostanziale ignoranza dei tratti fondamentali della libertà religiosa...
 

«Vede, la libertà religiosa comprende un po’ tutto: è libertà di associazione, libertà di manifestazione del pensiero ma anche e soprattutto espressione di un’identità che si fonda sul rapporto con Dio e si manifesta in un’istituzione comunitaria. Tutto questo non può essere appiattito e uniformato ad un qualsiasi gruppo sociale o addirittura filosofico».
 

Da dove nasce questa resistenza, questa paura, a riconoscere la specificità e l’autonomia del fatto religioso?
 

«Storicamente nasce da una tradizione politica e culturale degli ultimi due secoli che è entrata a far parte dell’ordinamento giuridico di vari Stati europei. Mentre in Paesi come la Germania, l’Italia ma anche buona parte dei Paesi nordici si riconosce la specificità del fenomeno religioso e la rilevanza pubblica delle Chiese come realtà distinte da altre associazioni, in Francia si è affermato un concetto di laicità che rinvia le Chiese al diritto comune».
 

A suo avviso come potrebbe venir riformulato l’articolo 37 della Carta europea?
 

«Il testo riprende il n. 11 della Dichiarazione allegata al Trattato di Amsterdam del 1997 secondo cui l’Unione europea salvaguarda lo status delle Chiese fissato dagli ordinamenti giuridici dei singoli Stati. Questo c’è nel primo paragrafo dell’articolo 37 e mi sembra giusto ribadirlo. Sappiamo bene che che la storia d’Europa è stata segnata anche da conflitti di carattere religioso: l’ordinamento costituzionale europeo deve salvare questo equilibrio che è stato raggiunto nei vari Paesi. In secondo luogo va definito lo status delle Chiese all’interno dell’Unione e qui c’è il salto logico che ho appena ricordato, cioè l’equiparazione con le organizzazioni filosofiche».
 

Concretamente come vi si potrebbe rimediare?
 

«Una formulazione più adeguata dell’articolo 37 dovrebbe sottolineare che l’Unione europea rispetta lo status previsto nelle legislazioni nazionali per le Chiese e mantiene un dialogo costante con esse. Si tratterebbe di unire il primo e il terzo paragrafo eliminando il riferimento alle organizzazioni filosofiche e non religiose che invece potrebbero trovare spazio in un’altra parte del Trattato, là dove si parla dei principi della democrazia partecipativa».
 

Crede sia ancora possibile?
 

«L’articolo 37 costituisce una buona base. Non dovrebbe essere difficile giungere ad una formulazione meno equivoca e più rispettosa dell’identità specifica delle Chiese».
 

 

Europa: «Intervista al giurista Dalla Torre: Europa, l'ipoteca dei Lumi», di Luigi Geninazzi, Avvenire - 25 maggio 2003

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