Antidoti

Marte

Marte
 

«Le imprese di cosmonauti nello spazio non hanno alcuna giustificazione scientifica e da esse non si è imparato nulla».

 
di Rino Cammilleri


Il 26-27 agosto u.s. all’avvicinamento del pianeta Marte è stato dato ampio risalto dalla stampa. Sapevo che Franco Battaglia, scienziato e nemico acerrimo di ogni verdume apocalittico, avrebbe cantato fuori dal coro (per questo non mi perdo un suo articolo) e, su Il Giornale, così è stato. Premetto che, da sempre appassionato di fantascienza, d’istinto m’ero detto: visto che Marte è arrivato così vicino, cosa aspettiamo a farci un salto? Doccia fredda: «Le imprese di cosmonauti nello spazio non hanno alcuna giustificazione scientifica e da esse non si è imparato nulla».

Ma come! e la Luna? «Anche se salutata dai media come l’inizio di una nuova era di esplorazioni umane dello spazio, la Scienza sapeva benissimo che la cosiddetta “conquista della Luna” sarebbe stata, invece, la fine di quell’era. Che nacque per una sola ragione: quella politica dei tempi della guerra fredda». In effetti, a ben pensarci, la Luna, conquistata, è stata subito abbandonata: lassù non c’è niente. La «corsa» era solo una reciproca dissuasione a piazzarci missili da sparare sulle capitali. I sovietici bluffavano, agli americani costava troppo. Fine della storia. Ma allora -ho pensato- perché ci sono cosmonauti ancor’oggi in orbita?

«Gli uomini non hanno niente da fare nello spazio. Quello esterno alla nostra atmosfera è un ambiente, decisamente e oltre misura, a noi ostile». E poi, «gli astronauti in orbita attorno alla Terra non sono mai stati tanto distanti da noi più di quanto Napoli lo è da Milano. E la loro principale, quasi unica, occupazione è stata la preoccupazione di sopravvivere». E’ vero: la fanfara mediatica li accompagna quando salpano ma, al rientro, fanno poca notizia i mesi che loro occorrono per la riabilitazione dei muscoli e del resto. Sì, ma (insisto), Marte è là dietro, in due anni si va e si torna, che ci vuole? Implacabile, lo scienziato mi informa che «su quel pianeta non vi è un campo magnetico». Eggià: le radiazioni cosmiche; micidiali, sulla Terra non arrivano perché qui il campo magnetico deviante c’è. L’articolista è spietato anche riguardo a quelli che, ahimè, sono morti nel tentativo di avventurarsi nello spazio: «un inutile sacrificio».

Così, mesto, ripenso a quelle paginate che, negli anni Sessanta, disegnavano cupole trasparenti e colonizzazione di altri mondi. Star Trek? Fantascienza, appunto.

Gli alieni e gli incontri ravvicinati? Un mito moderno, del tutto simile a quelle testimonianze di marinai antichi su incontri più o meno ravvicinati con sirene, centauri, unicorni e semidei. Insomma, non andremo da nessuna parte? La Scienza risponde: e che ci andiamo a fare? Non mi rassegno: allora, siamo soli nell’universo? Replica: siamo oltre sei miliardi e aumentiamo; ti senti “solo”?

Basta, non voglio più ascoltare la voce della Scienza, mi rivolgo al teologo: padre, noi umani siamo davvero gli unici senzienti?

Non direi -risponde- visto che ci sono gli angeli, i diavoli, le anime trapassate (che sono vivissime nell’aldilà) e Dio. Mi arrendo: del resto, anche l’astronomia deve continuamente ammettere l’assoluta unicità del pianeta Terra e di quanto contiene. Un’unicità, tra l’altro, scientificamente necessaria: posizione periferica in una galassia marginale (che salvaguarda dalle turbolenze del centro), distanza ottimale dalla sua stella, grandezza “giusta” di quest’ultima, un satellite gigante (caso unico), un pianeta immane come Giove nei paraggi (fa da parafulmine alle meteore)… Insomma, una serie di combinazioni che fanno, del nostro, un pianeta davvero unico. Le probabilità di trovarne un altro anche solo simile sono espresse in una frazione con troppi zeri. Forse, l’Eden della Bibbia non era un “giardino” ma un pianeta. Questo.
 
 

Antidoti: «Marte», di Rino Cammilleri, 16 Settembre 2003