Appunti di viaggio |
La Bulla e le Nuove Periferie, San Nicola!
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am Un timido sole di metà febbraio ci ha invogliato a spingerci a fare una lunga passeggiata sino alle Terme, quelle che Bruno “Il Sindaco” considerava l'oro del Paese. Le poche macchine che intercettavamo lasciavano inalterato tutto l'ambiente, non alteravano la tranquillità che ci invadeva e ci permetteva di parlare con trasporto senza doverci urlare addosso, come invece vediamo accadere sistematicamente in tutte le trasmissione televisive. Ma la questione della “Bulla” di Bollate non ci lasciava tranquilli. “Avete visto cosa ha fatto la bulla ai primi di febbraio, fuori dalla scuola, con la sua tuta grigia e la borsetta a tracolla? Ha insultato e picchiato una ragazza, che forse le ha soffiato il ragazzo, con una semplicità disarmante”, ci raccontava un amico. “Calci e pugni così, per sentirsi forte” puntualizzò l'intellettuale della compagnia. Ed il nostro tuttologo precisò: “Si, ha picchiato ma per me è incredibile che erano fuori dalla scuola, e quelli che c'erano intorno hanno visto ma non sono intervenuti anzi hanno ripreso tutto con i telefonini e poi lo hanno “postato” su un social network”. “E li è venuto il finimondo”. “Perché?” chiese il taciturno della compagnia. “Perché in breve tempo ha scatenato i commenti indignati di stampa TV, sociologi, psicologi, pedagogisti, e anche la caccia alla ragazza”. “Questa è la farsa della presunta libertà della rete”, aggiunse il saggio della compagnia Come il fiume che alla nostra destra scorreva imponente, carico delle abbondanti piogge dei giorni scorsi, così la nostra chiacchierata prendeva sempre più corpo. “La bulla ha solo quindici anni, non ha reagito per follia. E' una testa calda ma che si sia scatenata la caccia per scovarla, volerla morta, o in galera, magari per spaccarle a sua volta la faccia, restituendo quello che aveva provocato, questo ha dell'assurdo”. “Stai dicendo che le parti ora si erano invertite? Ora è lei la preda e deve difendersi?” Chiese il taciturno. “Proprio così” rispondemmo. Di ritorno dalle Terme, ci fermammo sul ponte dell'Annunziata ad ammirare il quartiere Montebello. E' sempre uno spettacolo vederlo, con lassù in alto il calvario che svetta quasi a ricordarci qualcosa che i nostri figli, le nuove generazioni, sentono come un corpo estraneo. Sul ponte ci attardammo quel tanto che attirò l'attenzione di altri amici che ci chiedevano cosa bolliva in pentola. Appena informati uno esclamò. “Che bellezza quando era ragazzotto passavo con la mia macchina sotto casa della mia ragazza. Con una accelerata attiravo la sua attenzione e subito si affacciava al balcone. A dirla tutta anche qualche comare si affacciava. C'erano anche altri ragazzotti che le “facevano il filo” ma non siamo mai venuti alle mani. Per interi pomeriggi passavo e ripassavo sotto casa sua. Gli unici che apparentemente non sapevano nulla erano i suoi genitori. Alla fine gli altri pretendenti si sono messi il cuore in pace.” Gioiosi per la freschezza con cui ci aveva raccontato le sue vicissitudini sentimentali, lo salutammo e ci avviammo verso la piazza. Appena arrivati vedemmo che la messa prefestiva era finita da poco e le ultime persone stavano uscendo. Il giovane parroco conoscendo molto bene la parabola degli “operai dell'ultima ora” non chiedeva subito la Chiesa. Così approfittammo per andare dal santo patrono e continuare le nostre chiacchiere con lui. Dopo esserci inginocchiati davanti al Tabernacolo. ci sedemmo al solito banco. Con cuore accorato ci rivolgemmo al santo patrono: “La storia della bulla di Bollate ci ha sconcertato”. “Era naturale che accadesse. Come è diventato anche naturale il «pestaggio». Non fate quella faccia stupita. Il «pestaggio» è diventato il simbolo di una generazione devastata”. “Era davanti ad una scuola!” esclamò il saggio della compagnia. “E la preside dell’istituto ha difeso la sua onorabilità, perché la bulla non era di quella scuola”, aggiunse. Ma il santo non si fece attende: “Che importa. Visto che fate i «precisini», come mai questa preside non ha avuto da ridere sull'atteggiamento dei suoi allievi, presenti alla scena anche a gruppetti? E' forse normale la loro reazione? Potevano magari dividere le contendenti, tenerle buone, allontanando la ragazza violenta, chiamando un adulto, e così via. Che cosa mai impareranno nella sua scuola i ragazzi?” Il giullare della compagnia non si lasciò perdere l'occasione: “Forse erano convinti di essere su Scherzi a parte o le Iene”, a stento trattenemmo le risate. Il saggio della compagnia, con la sua solita calma, esclamò: “Chissà quanti percorsi di educazione alla legalità, quanti progetti di educazione civica hanno seguito «per forza»? Inutili ore sottratte alla matematica e alle poesie imparate a memoria!” E l'intellettuale continuò: “La bulla forse dovrebbe iniziare a studiare”. Da insegnanti precisammo “Studiare è un’ottima via di uscita”. “Che cosa c’entra lo studio?” chiese il tuttologo di turno. “Veramente c'è – disse l'intellettuale della compagnia - chi crede che lo studio non sia un dovere, ma un diritto, qualcosa che non può mancare perché se manca succedono guai. Con la cultura hai la possibilità di comprendere meglio cosa accade, di farti qualche domanda sul mondo, su noi stessi, sugli altri”. “Certo non succede subito, ci vuole del tempo. Studiando si accetta anche la possibilità che la ragazza che le ha soffiato il ragazzo ha forse fatto un errore. Si potrebbe ipotizzare che in fondo il ragazzo non le voleva così tanto bene. Si possono ipotizzare anche altri modi per risolvere la stessa questione; pensare che c'è anche un altro modo di pensare e vivere è una opportunità che può generarsi. Così anche pensare che qualche volta si può avere ragione mentre altre no!” aggiungemmo. “Studiare serve anche a diventare uomini e donne migliori, persone in grado di dare un giudizio sulle cose, a guardare diversamente le proprie emozioni, a non essere sempre preda di esse”. Questo ed altro aggiungemmo. Era infatti inevitabile che l'anima di insegnati, o meglio «Maestri», venisse fuori. Avevamo educato miglia di ragazzini. Il saggio della compagnia continuava però a non era molto tranquillo e chiese al santo patrono: “Perché le grida di aiuto sono state ignorate?” Ed il santo patrono: “Perché ornai si è invasi dalla sottocultura dell'euforia e della banalizzazione. Come avete detto forse volevano vivere un momento di gloria in qualche trasmissione televisiva”. “Ma così tutto diventa lecito?” chiese l'intellettuale. “Questa società ha legittimato la violenza. Il diritto di aggredire e picchiare è diventato il principio per gestisce i rapporti tra le persone”. “Anche la madre della bulla assisteva alla scena”, aggiunse mestamente il taciturno. “Queste nuove periferie morali usano la legittimazione della risposta «forte» come modo di esistere, ma purtroppo non costruiscono nulla”, disse energicamente il santo patrono. “Come mai si è arrivati a questo?” chiese il saggio della compagnia. Ed il santo patrono “Per il declino dell'umano. Osservate tutta la vicenda: la donna che preferisce aggredire, l'uomo che preferisce filmare anziché intervenire e la madre che inneggia alle qualità della figlia “tosta”. “A scuola la chiamavamo la regressione agli istinti primari” replicò l'intellettuale della compagnia. “Come dire lo spettacolo ha prevalso sul dramma” continuò un altro amico. “Ma così tutti i famosi progetti educativi si incrinano e la società precipita nel baratro” sentenziò il saggio. “Il bene che era presente nelle persone è rimasto attonito e inoperante. C'è bisogno di educare a guardare in alto, a coltivare i propri sogni, a cercare di tramutare questi sogno in progetti concreti” bisbigliò il santo patrono. “Ma dove sono le radici del degrado?” chiese l'ultimo della fila. Ed il santo: “Come vi aveva detto Benedetto XVI, la società non ha voluto più riconoscere e ricercare il Vero ed il Bello, perché ormai tutto era relativo. Secondo voi, svuotati i cieli cosa resta da vedere e da attendere?” L'amara nostra risposa fu: “Il Nulla”. Ed il santo patrono aggiunse “Questa società secolarizzata, che voi vi siete creati, non ha principi per frenare le nuove periferie morali e culturali. Basterebbe tornare alla pietas di cristiana memoria, tornare al cristianesimo delle origini, come vi ha sollecitati Papa Francesco di andare «Verso le periferie del mondo e dell’esistenza, perché il destino non ha lasciato l’uomo solo »”. “Cosa vuol dire andare verso le periferie del mondo?” chiedemmo. Ed il santo: “Ve lo ha spiegato bene Papa Francesco: «Lo scopo di andare alle periferie del mondo, della vita, non è socializzare, passare il tempo insieme, no, lo scopo è annunciare il Regno di Dio, e questo è urgente! ...Non c’è tempo da perdere in chiacchiere, non bisogna aspettare il consenso di tutti, bisogna andare e annunciare. A tutti si porta la pace di Cristo, e se non la accolgono, si va avanti uguale. Ai malati si porta la guarigione, perché Dio vuole guarire l’uomo da ogni male. Quanti missionari fanno questo! Seminano vita, salute, conforto alle periferie del mondo... Non vivere per se stesso, non vivere per se stessa, ma vive per andare a fare il bene! … Quando i discepoli tornavano dalla loro missione pieni di gioia, perché avevano sperimentato la potenza del Nome di Cristo contro il male, Gesù aggiungeva: «Non rallegratevi però perché i demoni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto perché i vostri nomi sono scritti nei cieli»” Finalmente sentimmo il cuore sereno. Il solito colpo di tosse del sacrestano ci segnalò che era tardi. Ci congedammo dal santo e uscimmo in piazza.
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am:
«La Bulla e le Nuove Periferie, San Nicola! Un timido sole di metà
febbraio ci ha invogliato a spingerci a fare una lunga passeggiata sino
alle Terme, quelle che Bruno “Il Sindaco” considerava l'oro del Paese.
Le poche macchine che intercettavamo lasciavano inalterato tutto
l'ambiente, non alteravano la tranquillità che ci invadeva e ci
permetteva di parlare con trasporto senza doverci urlare addosso, come
invece vediamo accadere sistematicamente in tutte le trasmissione
televisive. Ma la questione della “Bulla” di Bollate non ci lasciava
tranquilli. “Avete visto cosa ha fatto la bulla ai primi di febbraio,
fuori dalla scuola, con la sua tuta grigia e la borsetta a tracolla? Ha
insultato e picchiato una ragazza, che forse le ha soffiato il ragazzo,
con una semplicità disarmante”, ci raccontava un amico» Galatro,
Domenica 16 Febbraio 2014 |
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